Qualcuno aveva provato a far passare sui media notizie rassicuranti, nelle scorse settimane, attorno al dissequestro di due o tre allevamenti coinvolti in giugno nei casi di brucellosi di fine estate, ma oggi è ancora una volta la cronaca a smentirli, e a ribadire che il mondo allevatoriale bufalino di una parte della provincia di Caserta è seriamente colpito da questa zoonosi, che – lo rammentiamo per non provocare eccessivi allarmi – rimane pericolosa principalmente per gli addetti di stalla, i veterinari e chiunque si esponga al contatto diretto con gli animali infetti.
Ancora casi di brucellosi, quindi, e ancora nei territori martoriati già da una situazione ambientale e sociale criticissima, per intenderci, a sud del fiume Volturno, nella cosiddetta “Terra dei fuochi” e dei Casalesi. Ce lo raccontano i Nas dei Carabinieri, che attraverso una nota rilanciata dalle principali agenzie stampa nazionali, informano i consumatori sull’ennesima e grave attività di repressione frodi in campo alimentare.
I militari dell’Arma di stanza a Caserta hanno infatti eseguito venerdì scorso ben ventuno decreti di sequestro preventivo, emessi da Nicoletta Campanaro, gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta della Procura della Repubblica, relativi ad altrettanti allevamenti bufalini, per un totale di 5.259 capi, a cui se ne aggiungono trentasei bovini. I provvedimenti rappresentano la conclusione di un’attività di controllo amministrativo e preventivo per accertare l’utilizzo illecito del vaccino Rb51, che per legge può essere somministrato unicamente agli animali dai sei ai nove mesi di vita, per prevenire il contagio della brucellosi.
In questi casi, i provvedimenti sono stati eseguiti in base al principio di precauzione, per garantire la salubrità e la tracciabilità del latte a tutela della salute dei consumatori e degli operatori del settore (la gran parte del latte di questi allevamenti è venduto ai trasformatori della zona, quasi mai disposti a riconoscere un prezzo equo). Agli allevatori coinvolti in questa indagine sono state imposte delle prescrizioni molto rigorose e secondo “un particolare sistema di vigilanza e monitoraggio su tutta la filiera”, sottolinea la Procura, “l’eventuale latte ricavato dalla mungitura degli animali risultati positivi all’Rb51 sarà smaltito come rifiuto, mentre il latte munto da bufale risultate negative all’Rb51 sarà con particolari cautele tracciato e sottoposto a trattamento termico e ad analisi di laboratorio”.
“Solo quest’ultimo latte, e sempre che le analisi di laboratorio abbiano dato esiti favorevoli”, prosegue la procura, “potrà essere utilizzato per la produzione di mozzarella di bufala”. Le prescrizioni imposte dall’autorità giudiziaria eviteranno che ci possa essere latte contaminato nella filiera di produzione, questo a confermare quanto siano irricevibili le opinioni di chi, anche tra gli operatori del settore, continuano a sostenere che la pastorizzazione del latte – ovvero l’alta temperatura nella fase di filatura – “sanificherebbero” una materia prima contaminata. A vigilare su queste prescrizioni saranno l’Asl competente e i Carabinieri del Nas di Caserta.
Per la cronaca, ai ventuno allevatori coinvolti in questa vicenda sono stati contestati i reati di commercio di sostanze alimentari nocive, somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica, maltrattamento di animali e ricettazione.
Sulla situazione venutasi a creare in ampie zone del nel basso casertano è intervenuto Aldo Grasselli, segretario nazionale del Sivemp (Sindacato italiano veterinari medicina preventiva), che ha rilasciato all’agenzia Adn Kronos la seguente dichiarazione: «Ci troviamo ancora una volta a denunciare una situazione particolarmente difficile per i veterinari della Campania, una Regione ad alto tasso di illegalità».
«Non può che allarmare ulteriormente », ha proseguito Grasselli, «il fatto che alcuni colleghi avrebbero commesso reati in un campo strettamente sanitario ma, senza fare sconti a nessuno, è anche ora che le istituzioni si rendano conto che in una situazione di profonda illegalità ambientale i veterinari del Servizio sanitario nazionale sono esposti a gravi pressioni. Quando, come in Campania, i veterinari pubblici dipendenti si trovano in prima linea a lavorare onestamente per affermare la forza dello stato contro quella della camorra, devono essere sostenuti e affiancati da tutte le istituzioni».
4 novembre 2013