Chi ha avuto occasione di ascoltarla lo avrà facilmente capito: è bene che Fede e Tinto, i conduttori di Decanter (Radio Rai2) si occupino di vino – o forse, ancora meglio, di superalcolici – perché la trasmissione del 31 ottobre dedicata al latte, a saperne di latte e derivati, è stata difficile da ascoltare, proprio per l'inadeguatezza dei due.
Dopo una breve introduzione, da cui già trapelavano le peggiori teorie vegane, i conduttori sono rapidamente passati ad intervistare qualcuno che ne sapesse qualcosa. E quel qualcuno, il professor Ciro Vestita, medico nutrizionista dell'Università di Pisa, ha detto in linea di massima le cose come stanno, parlando senza mezzi termini di un "alimento favoloso", se non lo si mette in bottiglie di plastica ("cedono ftalati all'alimento") e se le vacche non vengono alimentate a insilati ("c'è il rischio aflatossine"). E in definitiva descrivendolo come "un alimento talmente perfetto da consentire l'accrescimento del peso del bambino dai tre chili e mezzo ai sette chili nei primi quattro mesi di vita" e "un alimento completo anche per gli anziani".
Peccato però che dopo una non convinta elencazione dei capziosisssimi dubbi del mondo vegano ("il latte è "specie specifico?", "possiamo bere tranquillamente il latte della vacca?"
"per molti fa malissimo", etc.) i due tapini altro non siano riusciti a fare che intervistare un neolaureato in Scienze Gastronomiche, che oltre a dire che il latte è digerito dal 35% dei consumatori non ha saputo fare molto di più.
Infine, come se tutto ciò non bastasse, nel dubbio forse di non aver reso un servigio adeguato a chissà quale esponente del mondo vegano, Fede e Tinto si sono lanciati nella lettura (chi vorrà ascoltare la trasmissione in streaming se ne renderà conto) di veri e propri proclami, sostenendo che il latte sarebbe "ideale solo allo svezzamento", che "uccide mucche e vitelli" (una delle più dissennate tesi del mondo animalista e vegano) e che – udite udite – "per smaltire le proteine animali (si sente chiaramente che sta leggendo) l'organismo umano sottrae latte alle ossa, causando osteoporosi, come se fosse un usuraio".
Ma le pillole di questo esempio di trasmissione del (dis)servizio pubblico sono poi i passaggi in cui i due hanno letto malamente sia la parola osteoporosi (ostoeoporosi: ma si può?) che il termine "antìgeni" (letto "antigèni", forse con una non voluta autoreferenzialità).
Nel finale, a sorpresa, un colpo al cerchio, dopo i molti (troppi) colpi alla botte, perché "è ok il latte da animali al pascolo", omaggio forse per il mondo Slow Food (a cui i due, abituati a mangiar bene e bere meglio sono fortemente legati) che al Latte Nobile ha dedicato un Presìdio.
Beh, manco a dirlo, passano due giorni e Gioacchino Majone, presidente di Vallepiana, azienda che imbottiglia – oltre al suo e a quello di altri colleghi produttori di latte alimentare – anche il Latte Nobile, ci scrive, dicendosi non colpito, indignato o adirato per i contenuti del programma andato in onda, ma letteralmente "sconvolto, come allevatore e come medico" per i contenuti di quella trasmissione. "Sconvolto dal modo con il quale è stato affrontato l’argomento essendo stati messi in risalto in maniera maniacale alcuni aspetti discutibili quali le intolleranze, le allergie, lo stesso assorbimento del calcio. Si è partito dalla teoria folle che vede l’uomo come unico “animale” che continua a bere il latte anche da adulto fino all’affermazione che il 65% degli italiani sarebbe intollerante al lattosio, dimenticando di ricordare che il test per evidenziare tale intolleranza (dose dipendente, ricordatelo!!) prevede l’ingestione di una quantità di lattosio pari a quella presente in 750 grammi di latte. E ora trovatemi qualcuno che beva in un sol colpo 750 gr di latte!! Non parliamo poi della folle teoria della competizione nell’assorbimento del calcio che afferma che nei Paesi in cui si beve più latte, si registrano più casi di osteoporosi".
"Ma è proprio l’impostazione", prosegue Majone nella sua e-mail, che "mi ha sconvolto – il latte fa bene o fa male? – che mi fatto quasi sentire un assassino, in qualità di produttore appassionato, anche se oggi stanco, di latte alimentare…". "Ma poi dov'è il male nel bere un buon bicchiere di latte? ma forse i tanti ragazzi abituati a bere quella bevanda nera di cui ancora non si conosce la composizione, sanno a cosa gli fa bene?"
"Come è possibile che dalla mattina alla sera parlino di vino senza chiedersi mai a chi fa bene e poi il latte, che rappresenta un alimento completo, da sempre utilizzato per una corretta crescita in tutto il mondo, viene messo alla berlina in questo modo!" ebbene sì, argomenta Majone, "il vino fa bene: perché non si sono mai soffermati sui danni da alcool e da superalcolici quando si sa bene quante persone nel mondo muoiono per cirrosi alcolica e quanti incidenti avvengono per colpa dell’alcool?".
"Perché non è stato detto che la tecnologia industriale ha deformato il concetto di latte, visto che certe “manipolazioni” con aggiunte e trattamenti (microfiltrato, Uht, delattosato, con aggiunta di fibre, con Omega 3 aggiunti) hanno “inquinato” il latte creando anche confusione tra i consumatori?"
È un vero fiume in piena nella sua missiva il titolare di Vallepiana, che prosegue pensando a chi il latte produce, ad un mondo già in crisi, che davvero farebbe volentieri a meno di tanta cattiva informazione sul tema: "ho pensato ai tanti allevatori (siamo rimasti in 40.000 in Italia) che devono da oggi sentirsi quasi mortificati per il solo fatto di produrre latte, visto che potrebbe fare male, e che trasmissioni del genere rischiano seriamente di arrecare danni enormi alla già difficile pseudo-educazione alimentare esistente nel nostro Paese (abbiamo un’obesità infantile tra le più alte d’Europa grazie a merendine e bevande ipercaloriche…"
"Insomma", conclude Majone, che nel firmarsi ci tiene a rammentare di essere medico e allevatore, "è stata una vergogna e come minimo andrebbe fatta un’altra puntata per definire le diverse tipologie e mettere in evidenza le vere caratteristiche nutrizionali. Perché allora tanto accanimento verso un prodotto sano e genuino, che oltretutto costa tanti sacrifici 365 giorni all’anno a chi lo produce, ancora con passione e professionalità?". Come non dargli ragione?
11 novembre 2013