Di nuovo agli arresti il direttore del Parmigiano-Reggiano Riccardo Deserti

Riccardo Deserti - foto Consorzio Tutela Parmigiano-Reggiano®

Ancora guai giudiziari per il direttore del Consorzio di Tutela del Parmigiano-Reggiano Riccardo Deserti, di nuovo agli arresti domiciliari da venerdì scorso, dopo che il 4 gennaio dello scorso anno la Procura della Repubblica aveva annullato un pari provvedimento restrittivo, nell'ambito dell'inchiesta su casi di corruzione nell'assegnazione di appalti al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

 

 

Rispetto al precedente (leggi in calce a questo articolo del dicembre 2012) il nuovo arresto non riguarderebbe il filone principale delle indagini ma potrebbe essere a quello collegato: la contestazione si riferirebbe ad un furto aggravato di documenti che lo stesso Deserti avrebbe compiuto all'interno del ministero dopo il suo precedente ritorno in libertà.

 

Fonti accreditate parlano già di una ricostruzione dei fatti che scagionerebbe il dirigente del consorzio (l'interrogatorio di garanzia dovrebbe essere fissato per la prossima settimana) con una versione dei fatti assai curiosa: le carte potrebbero essere finite in mezzo ad altri documenti dell'imprenditore ferrarese, ai tempi del suo servizio presso il ministero.

 

Mentre i suoi legali si dicono fiduciosi nella possibilità di un chiarimento e di una nuova revoca degli arresti, arrivano le dichiarazioni dei vertici Coldiretti di Parma, Reggio Emilia e Modena a scatenare una vera e propria invettiva contro il Consorzio del Parmigiano-Reggiano, colpevole tanto nei comportamenti quanto nei pesantissimi silenzi che stanno accompagnando, da alcuni mesi, diverse e poco felici vicende (leggi qui e qui).

 

"Se il Parmigiano-Reggiano è il prodotto italiano più falsificato nel mondo", hanno affermato i responsabili emiliani dell'associazione agricola "il motivo forse va cercato all'interno dello stesso consorzio di tutela". Un consorzio "che più che difendere sulle tavole mondiali la tipicità del formaggio alfiere del made in Italy, sta dando forti spallate alla sua trasparenza".

 

Le critiche della Coldiretti non si fermano però qui. Anzi, prendono proprio spunto dall'arresto di Deserti, "che la dirigenza del consorzio ha passato sotto silenzio, senza nemmeno cercare un po' di chiarezza, in una vicenda a dir poco opaca".

 

Ma ce n'è ancora, e soprattutto ci sono cinque domande pubbliche che i vertici locali di Coldiretti, hanno rivolto al consorzio attraverso un comunicato stampa, col fine di indurre i suoi vertici ad un altrettanto pubblico esercizio chiarificatore:

– cosa sta succedendo esattamente nel consorzio del Parmigiano Reggiano?

– perché vengono portate alla dirigenza persone non trasparenti?

– quando verranno tagliati i ponti con i nebbiosi arcipelaghi di produttori di similgrana concorrenti del Parmigiano, ma presenti nella governance del Consorzio?

– dove sono finiti oggi coloro che attaccavano Coldiretti quando difendeva il vero Parmigiano?

– quando le centrali cooperative ci ridaranno un consorzio pulito, al di sopra di ogni sospetto?

 

"Dopo aver assistito all'appoggio della governance del Consorzio alla costruzione di un mega-magazzino di formaggi, tentativo strisciante di creare una centrale di stagionatura di similgrana proprio nel regno del Parmigiano Reggiano", ha proseguito Coldiretti, "adesso ci troviamo di fronte all'omertà di alcuni dirigenti che nascondono agli associati le indagini della magistratura sul direttore generale".

 

"I vertici del Consorzio, massimi esponenti delle centrali cooperative (ad esempio: il presidente Giuseppe Alai è presidente della Confcooperative di Reggio Emilia) dovrebbero avere", sottolinea l'associazione di categoria, "il dovere morale di assicurare la massima trasparenza a tutela del buon nome del prodotto e delle centinaia di imprenditori che con il loro lavoro assicurano la qualità del vero Parmigiano-Reggiano. Purtroppo in questo momento tutto viene poco eticamente gestito nelle segrete stanze dove vengono prese decisioni oscurantiste che gettano discredito sulla tipicità del re dei formaggi".

 

"In tutta la vicenda", conclude Coldiretti, "non bisogna dimenticare che solo nell'ultimo anno le importazioni di formaggi similgrana dall'Ungheria hanno raggiunto ben 2,7 milioni di chilogrammi, pari al 10% del totale delle importazioni, e che proprio in Ungheria opera la Magyar, industria casearia di proprietà di una società italiana a sua volta partecipata da Itaca Società Cooperativa il cui presidente è stato fino all'inizio dell'anno scorso proprio Giuseppe Alai, presidente del Consorzio Parmigiano, che si è dimesso dopo la denuncia di Coldiretti. In questa situazione, appare infine assordante anche il silenzio degli organismi che dovrebbero controllare i consorzi di tutela che sembra non abbiano niente da ridire su un direttore che viene arrestato per la seconda volta".

 

17 febbraio 2014