La vicenda Gran Manze – progetto-monstre di 12mila capi Granarolo in Molise – scivola verso quello che sembra essere il suo atto finale, oltre il quale però non è ancora escluso qualsiasi colpo di scena. Se non altro perché la cooperativa bolognese, dopo aver dichiarato in uno stringato comunicato stampa (foto in basso), lunedì scorso, la propria intenzione di gettare la spugna (poche e poco circostanziate affermazioni: "Dopo aver esaminato in dettaglio tutti gli aspetti del progetto, è stato deciso di non procedere alla realizzazione dell’insediamento zootecnico in Molise per le caratteristiche delle problematiche emerse"), non avrebbe ancora recapitato alcuna comunicazione ufficiale alla Regione Molise. La quale dal canto suo non si è ancora pronunciata sulla questione attraverso il consiglio regionale.
Cosa stia accadendo nei sottotraccia che una certa politica è maestra ad intrecciare con l'industria non è facile capirlo, con una parte della società civile che si avventura nei festeggiamenti, gridando "Vittoria!", mentre un movimento diffuso e spontaneo si prepara ad un'assemblea che qualcuno imprudentemente annuncia epocale (7-8 marzo a Matrice, in provincia di Campobasso: "Verso un Forum in difesa del territorio"), parlando di una "carta di Matrice" che dovrebbe scaturire da quel consesso.
Difficile sarà vedere le molte anime del movimento comporsi in un indirizzo univoco che sappia trovare il necessario dialogo con il governo regionale sulle tematiche della gestione del territorio, dell'agricoltura sostenibile, della promozione del turismo gastronomico, ma non servirà molto più che qualche settimana per capire. Un paradosso se si pensa che in questa stessa regione da un lato esistono ancora modelli virtuosi in cui la zootecnia è estensiva, le razze sono brade (Podolica in primis) e la cultura della transumanza intatta (aziende che, quando ben gestite, danno reddito) e dall'altro l'antica rete dei tratturi è largamente dismessa se non che saltuariamente percorsa da estemporanee speculazioni di vario genere (progetti tesi all'accaparramento di fondi pubblici, per "celebrare" la pastorizia transumante con pedalate, escursioni a piedi e qualche folkloristica tosatura di pecora).
In attesa che il Forum di Matrice si compia e ci mostri il grado di maturità e le capacità della base sociale molisana (tutta da verificare la capacità di proporre una progettualità realmente praticabile), due segnali degni di nota giungono dalle pagine dei media, uno dalla stampa locale, uno dal nazionale Il Tempo, quotidiano romano ben vicino al "Palazzo".
La prima delle due testate – TermoliOnLine – a sorpresa ha lanciato sul suo sito web un sondaggio popolare, non tanto durante la contesa "stalla sì o stalla no" (sarebbe servito a raccogliere un'opinione più diffusa della gente nel momento più caldo della disputa) bensì dopo l'annuncio con cui Granarolo dichiarava la propria uscita dalla scena, e sinceramente proprio non si coglie il senso di un sondaggio a posteriori. Morale della favola, alle due domande poste dalla redazione – “Pericolo scampato” oppure “Occasione perduta” – il 61% del lettori votanti si è espresso per la prima delle due opzioni, confortando se non altro l'epilogo verso cui, almeno ufficialmente, la vicenda sembrerebbe orientata. Al tempo stesso non poche persone, dentro il movimento "No Stalla, Sì Molise Bene Comune" esprimono ancora la preoccupazione che il progetto rimarrà vincolato alla disponibilità dei terreni concessi dalla Curia di Larino in Contrada Monte Arcano.
Ben diverso, invece, è l'accenno, colto tra le righe di un articolo, pubblicato martedì scorso sul sito web del quotidiano Il Tempo di Roma: nel pezzo, intitolato "La Granarolo non fa «moo…lise» / Addio al progetto Gran Manze", trova spazio l'ipotesi di una migrazione di Gran Manze verso la Puglia, regione che però è notoriamente a corto di risorse idriche, indispensabili per attuare il progetto (salvo il fatto di richiederle giust'appunto al Molise). Alcune fonti attendibili ci riferiscono però di un rifiuto già espresso a suo tempo alla cooperativa bolognese dalla giunta Vendola. Per quanto improbabile che il quotidiano romano abbia preso un tale abbaglio, non è da escludere un nuovo tentativo dell'industria emiliana di sbarcare oltre il torrente Saccione, nel territorio di Serracapriola o di Chieuti, nel foggiano.
Solo il tempo ci dirà come andrà a finire: in quale landa dell'italico stivale il mega-allevamento verrà impiantato (il "sì" del Cipe è ormai stato incassato dalla Granarolo, ndr) e quale rilevanza una base sociale – quella che si sta manifestando in Molise – riuscirà ad avere, ora che a chiamarla in causa è l'opportunità di autodeterminarsi, proponendo lei alla politica quali sorti dare al territorio in cui vivere e far vivere le future generazioni. La politica sarà all'altezza di cogliere le esigenze della gente?
24 febbraio 2014