Coldiretti insiste: ”Parmigiano a rischio industrializzazione”

foto Consorzio di Tutela Parmigiano Reggiano®A tre settimane dalle forti polemiche che hanno investito il consorzio del Parmigiano Reggiano e a due dalla revoca degli arresti domiciliari per l’ex direttore dell’ente, Riccardo Deserti, ancora trovano spazio prese di posizione e puntualizzazioni delle parti in causa, a partire dal primo “accusato” Giuseppe Alai, sino a ritornare ai grandi accusatori della prima ora – gli uomini delle Coldiretti emiliane.

Questi ultimi, dopo una prima marcia indietro sui giudizi espressi in origine, sono tornati a puntualizzare nei giorni scorsi su alcuni aspetti non irrilevanti, primo tra tutti il rischio d’industrializzazione che il “re” dei formaggi potrebbe subire. Un’industrializzazione i cui sintomi, a guardar bene, sono ben manifesti – e da tempo – nelle grandi diversità tra le grandi produzioni di pianura e quelle di montagna, ancora così vicine ai sistemi stalla-caseificio-casello di venti e trent’anni fa (in specie quelle legate alle razze autoctone e quelle biologiche).

“Sono iniziate le manovre per industrializzare la produzione di Parmigiano Reggiano?” È così che esordisce un comunicato Coldiretti dei giorni scorsi, “a fronte di alcune notizie recentemente apparse sulla stampa”. “Prima”, ricorda la confederazione agricola, “le dichiarazioni dell’ex patron di una primaria società di stagionatura e commercializzazione, che dopo aver venduto le quote di maggioranza ad un fondo inglese annuncia di voler “accompagnare” il nuovo proprietario con investimenti per acquisire caseifici e incrementare la produzione all’interno del comprensorio del Parmigiano Reggiano. Poi un noto industriale italiano che produce formaggi in Wisconsin, tra cui Parmesan che – a suo dire – sarebbe fatto esattamente come in Italia, per cui non vede il motivo di dover utilizzare una diversa denominazione”.

 

“Sono tutti campanelli di allarme che denotano l’intenzione di trasformare il Parmigiano Reggiano da prodotto di alta artigianalità – unico nel mondo – a prodotto industriale”, commenta Coldiretti, “che è poi il primo passo per poterlo standardizzare e privarlo delle caratteristiche di distintività”.

 

“Ancora una volta”, rileva la confederazione agricola, “colpisce il silenzio di un certo mondo consortile e cooperativo, che ha accusato Coldiretti di fare scelte politiche non funzionali al mondo della cooperazione, ed oggi non solleva un dito di fronte a scelte che sono l’anticamera per la chiusura di allevamenti e caseifici di piccola e media dimensione, sia industriali, sia cooperativi e artigianali”.

 

“Sappiamo bene”, prosegue la nota della Coldiretti, “che molti, in nome del soldo vorrebbero abolire la doppia raccolta del latte oppure arrivare alla doppia cottura. Con questa logica si andrebbe a scardinare l’essenza stessa del Parmigiano Reggiano, che è frutto di una tecnica affinata nei secoli e che si può produrre con le sue caratteristiche uniche di sapore e qualità grazie al sapere e alle tecniche di una tradizione rappresentata dagli uomini, dalla terra, dagli animali e dai foraggi che lo rendono la più alta espressione del suo territorio e della sua cultura”.

 

17 marzo 2014

 

Lettura correlata, su Il Tempo del 14.03.2014: “Mr. Parmigiano Reggiano e le polemiche sul falso grana”