Potrebbe essere arrivato anche in Toscana, Lombardia e Veneto, il latte contaminato da aflatossine, prodotto e confezionato dal Consorzio Latterie Friulane di Campoformido, in provincia di Udine. Al particolare, rivelato dagli inquirenti nelle ultime ore, è stato dato poco risalto da quando, nei giorni scorsi, la notizia ha preso a rimbalzare, di notiziario in notiziario, e di testata in testata, sul web, generando il panico tra gli ultimi abituali consumatori della bianca bevanda.
Le aflatossine sono una gran brutta bestia, molto meno note di altre insidie alimentari, ma assai più attuali e problematiche da alcuni anni a questa parte. Il loro sviluppo è causato dalla contaminazione dei principali prodotti destinati all’alimentazione animale, in primo luogo il mais – particolarmente utilizzato nella zootecnia intensiva – ma anche i foraggi e le miscele di cereali, quando coltivati ed essiccati in condizioni climatiche critiche (la siccità in campo e l’umidità successiva al raccolto sono tra i fattori di maggiore criticità, ndr).
Il loro elevato potere cancerogeno trae origine dai mangimi infestati dal fungo Aspergillus flavus, particolarmente virulento e resistente: una volta entrato nell’organismo degli animali, il latte è irreparabilmente contaminato, e da qui il formaggio che eventualmente ne deriverà, senza possibilità di rimediare in alcun modo – neanche con la pastorizzazione – vista la loro termoresistenza.
Per quanto la notizia possa aver turbato l’opinione pubblica, soprattutto in un’area di alcune centinaia di chilometri dall’epicentro Udine (Campoformido è nelle sue immediate vicinanze), gli addetti ai lavori non sono rimasti per nulla stupiti né dal fatto in sé né dai meccanismi che portavano e che portano alla immissione sul mercato del latte contaminato. Dal canto nostro ne parlammo già in passato (leggi qui) e la voce corre tra il popolo degli allevatori, molti dei quali proprio non ce la fanno a sentirsi responsabili: “Se la gran parte del mais è contaminato, e il latte è contaminato”, dicono in molti, “qualcuno provvederà a miscelarlo con latte indenne, grazie al quale far tornare il latte di massa sotto i parametri di legge”.
La cronaca della vicenda è ormai nota ai più, e lascia trasparire un meccanismo rodato, di fronte al quale, che sia o meno il valore di aflatossina sopra o sotto la norma, la preoccupazione è per l’accumulo di essa negli organismi dei consumatori abituali, spesso giovani e anziani, con difese immunitarie non rilevanti. Il caso, emerso dai controlli dei carabinieri dei Nas nel consorzio Latterie friulane di Campoformido, ha portato all’arresto di Rino Della Bianca, 60 anni, di Tricesimo, responsabile dell’approvvigionamento del latte per il consorzio, e all’apertura delle indagini su tredici altre persone, a vario titolo coinvolte nell’illecito. Secondo l’accusa, l’ormai diffusa pratica della miscelazione di latti contaminati con latti non contaminati stava portando – e questo da un lasso di tempo non ancora accertato – all’immissione in commercio di latte con un livello di micotossine M1 superiore al massimo previsto dalla legge.
Venendo ai dettagli dell’operazione, i Nas hanno agito di concerto con i comandi provinciali dei Carabinieri di Udine, Trieste e Treviso, facendo scattare i controlli che hanno portato al sequestro di oltre 19mila litri di latte, 7.400 dei quali destinati al confezionamento come latte di “alta qualità”.
Tra gli indagati risultano i vertici di Latterie Friulane, un tecnico del laboratorio di analisi, un autista e alcuni allevatori. Le indagini sono partite a dicembre, quando un ingente lotto di prodotto confezionato da una latteria veneta era risultato cinque volte oltre la soglia massima ammessa di aflatossine.
In attesa che le indagini si allarghino ai mangimifici, il caso non può non riportare alla mente la vicenda del latte contaminato utilizzato per produrre Montasio. Al centro di quella cronaca, risalente a poco meno di un anno fa, la figura del leader storico dei Cospalat friulani, Renato Zampa che finì in carcere per poi uscirne e vedersi revocato l’obbligo di firma già in ottobre. In quel caso (la nostra cronaca di quei fatti è qui) la Procura della Repubblica di Udine contestò allo Zampa e ad altri sette indagati l’ipotesi di associazione per delinquere finalizzata alla frode in commercio, all’adulterazione di alimenti e al commercio di derrate nocive. Reati che meriterebbero ben altro polso, risultando ogni altro atteggiamento come un incentivo a frodare, in barba alla salute della gente.
9 giugno 2014
Per approfondire:
I nomi degli indagati sono accessibili da qui
Il parere del direttore del Servizio igiene degli alimenti dell’Ass4 di Udine, clicca qui