Uno dei fenomeni di massa meno apprezzabili dei nostri tempi è quello che vede alcuni cuochi, più o meno meritatamente affermati, assurgere al ruolo di divi televisivi. Di fronte al triste fenomeno mediatico, c'è da notare che, se da una parte il popolino pare ancora interessato alla triste spettacolarizzazione del nulla (cos'è il cibo in tv? il cibo va vissuto, goduto, e assaporato, ndr), dall'altra cresce di numero e di argomenti la schiera di chi critica quella che da più parti è definita ormai – e a ragione – come una vera e propria "pornografia del cibo".
Tra gli ultimi detrattori del fenomeno, ma tra i primi come autorevolezza, Carlin Petrini si è schierato apertamente venerdì scorso, definendo Joe Bastianich e Carlo Cracco dei "cuochi che si atteggiano a celebrità", precisando poi di conoscerli personalmente e aggiungendo "sono brava gente, ma quando vanno in tv si trasformano per 'sta maledetta audience".
Le rivelazioni del fondatore di Slow Food, affidate alle pagine del quotidiano "La Repubblica" (leggi qui) sono state precedute di pochi giorni da un articolo-intervista a Bastianich, pubblicato da Vanity Fair mercoledì scorso, farcito di consigli per chi in pieno tempo di crisi volesse aprire un ristorante nel nostro Paese.
«Senza un piano finanziario», questo il sottile consiglio dato dal ristoratore ai lettori del format femminile, «meglio che bruci i tuoi soldi per strada». L'intervista, che prosegue sull'onda di domande quali "meglio un ristorante a tutto bacon o un hamburger bar con cameriere sexy?" rivela risposte che potranno colpire i poveri di spirito e quanti siano scarsamente dotati di senso critico.
A colpire davvero però è il passaggio finale dell'intervista, in cui il famoso cuoco-tv parla dei requisiti necessari dicendo che «…il più importante è il margine di guadagno. Se non c’è smette di essere un business e diventa un hobby; e a quel punto è meglio dedicarsi alle collezioni di francobolli».
L'importante a nostro avviso però – visto che noi di Bastianich ricordiamo anche i misfatti – è che il guadagno non sia fatto sulle spalle dei collaboratori – come lo stesso cuoco era solito fare attorno al 2010 assieme al socio e collega Mario Batali – tanto da venir condannato al risarcimento di 5 milioni di dollari per sottrazione delle mance ai propri dipendenti (leggi qui).
26 gennaio 2015
Per l'articolo-intervista di Vanity Fair a Joe Bastianich, clicca qui