Un concetto abusato come pochi altri – nell'apparentemente splendido mondo dell'agroalimentare – è quello della qualità. Per i titolari del caseificio "Il Cacio Siciliano" di Belmonte Mezzagno, essa si otterrebbe operando le giuste scelte lungo tutta la filiera: "La nostra azienda", raccontano sul loro sito web, "è sempre stata attenta alla scelta dell'allevatore e alle caratteristiche qualitative del latte".
Ma non solo, perché questo – prosegue il racconto – "viene lavorato dai nostri casari con l'aiuto di macchinari tecnologicamente avanzati", senza dimenticare le antiche tradizioni siciliane. Inoltre il ciclo produttivo rispetta il piano Haccp e le normative vigenti in merito alla sicurezza alimentare".
Le idee su cosa raccontare ai consumatori erano chiare ai titolari del caseificio, è evidente. Come lo erano le scelte praticate nel quotidiano da questi operatori siciliani, a cui le forze dell'ordine venerdì scorso 15 maggio hanno sequestrato però il caseificio per una serie di infrazioni alla vigente normativa e ai più elementari accorgimenti nel campo della sicurezza alimentare e della salute pubblica. I carabinieri delle locali stazioni di Campofelice di Fitalia e di Belmonte Mezzagno hanno così posto i sigilli all'attività, concludendo un'indagine durata mesi e condotta con il supporto dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo.
Il provvedimento di sequestro, disposto dal Gip di Termini Imerese, ha riguardato anche gli impianti di mungitura e di conservazione del latte di dieci allevamenti, che fornivano al caseificio latte potenzialmente pericoloso per le condizioni in cui gli animali erano tenuti. A nulla sono valse le misure già adottate dalle autorità nello scorso autunno, quando il caseificio fu sanzionato per aver messo in lavorazione latte "potenzialmente pericoloso per la salute dei consumatori".
Le indagini, protrattesi da allora, hanno permesso di accertare che i capi di bestiame, destinati alla macellazione, erano inadatti alla produzione di latte per il consumo umano. Al trasformatore e agli allevatori sono stati così contestati i reati di frode in commercio e l’utilizzo di una materia prima in cattivo stato di conservazione.
L’autorità giudiziaria stavolta non si è limitata alle misure sanzionatorie e alla chiusura temporanea, giungendo al sequestro delle aziende ed eleggendo un commercialista al ruolo di amministratore giudiziario. Il caseificio continuerà a funzionare, impiegando latte prodotto secondo le vigenti normative. I proventi dell’attività finiranno però nelle casse dello Stato.
18 maggio 2015