Granarolo porta la Madonna all’Expo per promuovere il latte della Lola

Parlare di latte oggi non è poi così difficile. Lo fa anche chi non ne sa nulla – i vegani, ad esempio – figuriamoci gli esperti di settore. I produttori poi, primi tra tutti e sempre ben supportati dagli amici di sempre – istituzionali e non solo – organizzano periodici e roboanti eventi, di fronte ai quali la grande stampa appare sempre disponibile ad elargire articoli. Il resto lo fa il consumatore, che nella gran parte dei casi è pronto a bersi tutto. Anche la bevanda più discutibile, se è presentata bene.

Quel che capita però quando le industrie hanno a disposizione i grandi budget pubblicitari ha davvero dell’inverosimile. È allora che cadono i limiti: le aziende assoldano consulenti di alto livello e di ogni fatta, dagli esperti di comunicazione ai critici d’arte, per suggestionare il pubblico, per irretirlo con argomenti che di sostanza hanno poco. Tanto vale – è evidente – parlar d’altro e “regalare emozioni”, se non si sa più cosa dire di concreto.

Ma cos’è che colpirà nel segno il consumatore medio? Dipende dal momento, e dall’agenzia di comunicazione. Se quella dice “l’arte”, che arte sia! E allora in un briefing o due si stabilisce “chi farà cosa, come, quando e perché” e si parte. Tanto poi i costi della promozione vanno a gonfiare il prezzo del latte al dettaglio.

Bene, stavolta, giusto per fare un esempio, e giusto perché l’Expo è un’occasione speciale per tutti (ma per qualcuno più speciale ancora), vediamo che la Granarolo ha deciso di puntare proprio sull’arte, e rendendo omaggio al suo capoluogo di provincia – Bologna – ha accettato l’idea di scomodare niente popò di meno che una Madonna di quella città.

Ben inteso, però: di un’opera d’arte si tratta e nulla più, che anni fa fu ritrovata in un palazzo del centro cittadino e che dopo un accurato restauro trovò accoglienza nel museo della Fondazione Cardinal Lercaro. L’altorilievo, opera dello scultore Francesco di Simone Ferrucci (1437-1493) ritrae la Madonna nell’atto di allattare il Bambino Gesù ed è denominata quindi la Madonna del Latte.

Se “due più due fa ancora quattro”, avrà pensato qualche creativo coinvolto nell’operazione, era scelta quasi obbligata scomodarla per accompagnare la cooperativa bolognese nella kermesse meneghina. Detto fatto, e ottenuto il nulla osta dalla Fondazione Lercaro, attorno all’opera è stata montata una presentazione di tutto riguardo, che accompagna il visitatore in un percorso in cui il nonsense la fa da protagonista: un padiglione caratterizzato da iconografie di vacche sin dall’ingresso, marchio Granarolo in bell’evidenza e, al centro di una teca, con la giusta illuminazione, lei. Anzi loro: la madonna col bambino.

Che cosa c’entri il latte della madre di Gesù – e per idea traslata il latte umano – con quello della Lola è ciò che forse l’1% dei consumatori si starà ancora chiedendo. Quel che conta per l’industria è che il resto del mercato accetti questo e tanto altro ancora. Ad esempio che gli erbivori mangino insilati e unifeed, a patto che – dice da anni Coldiretti – il latte sia “made in Italy”.

1° giugno 2015

Per chi non creda ai suoi occhi (oh, come vi capiamo!) la notizia dell'”evento” è riportata dalle cronache di Bologna Today (qui) e di Milano Free (qui). Buona lettura a tutti!