«La valutazione la lascio agli addetti ai lavori: se hanno scelto di firmare un accordo a queste condizioni, avranno avuto le loro ragioni». Ha sentenziato così, venerdì scorso 27 novembre, l'assessore lombardo all'agricoltura Gianni Fava, riferendosi all'accordo sul prezzo del latte sancito presso la sede del Mipaaf il giorno precedente (37 centesimi di euro al litro), ad un tavolo interprofessionale mai così presenziato. Un tavolo a cui proprio Fava e i suoi omologhi ligure (Stefano Mai) e veneto (Giuseppe Pan) non si sono presentati, in segno di protesta.
Fava ha precisato che a Roma «non si è risolto il problema» perché «si tratta di un prezzo incrementato su base storica sul listino Parmalat» e «non sono stati fatti passi avanti sul tema dell’indicizzazione né sul piano delle regole». Nell'incontrare i giornalisti, Fava ha aggiunto di essere «abbastanza preoccupato che l’agricoltore si accontenti dell’elemosina e non guardi la prospettiva».
L'accordo raggiunto il 26 al ministero ha portato gli allevatori italiani a spuntare due centesimi al litro nella trattativa con gli industriali, per i prossimi tre mesi. Due centesimi a cui se ne aggiungerà un altro, reso disponibile in via straordinaria dal Mipaaf, che attingerà ai 25 milioni di euro comunitari stanziati a favore degli allevatori. L'intesa, che offre ai produttori un minimo di respiro, utile forse a riorganizzarsi, ha suscitato reazioni tiepidamente positive, apparendo però nella sua evidenza come una tregua non replicabile, oltre la quale nessuno scommetterebbe il proverbiale soldo bucato.
Oltre a ciò, le parti hanno concordato l’utilizzo di meccanismi aggiuntivi di indicizzazione, che verranno inseriti nei contratti, e l'adozione di contratti standard per rendere più trasparenti i rapporti di filiera. Le singole Regioni potranno inoltre decidere di stanziare fondi aggiuntivi, mentre la Gdo si sarebbe impegnata a realizzare campagne di comunicazione per valorizzare e promuovere i prodotti lattiero-caseari italiani, attraverso iniziative che rendano facilmente riconoscibile l’origine della materia prima da parte dei consumatori.
Nel frattempo Gianni Fava prosegue per la sua strada, fatta di polemiche e contestazioni, e conferma un vertice lombardo del latte, fissato per oggi lunedì 30 novembre. Vertice a cui auspica una grande partecipazione, anche e soprattutto perché, prosegue l'assessore, «un accordo di tre mesi vuol dire che domani siamo ancora qui. E domani qualcuno dovrebbe cominciare a riprendere le trattative. In alternativa aspettiamoci di ritrovarci a febbraio con la situazione che abbiamo vissuto tutto l’anno».
«Se il mondo agricolo è contento» così, ha aggiunto Fava, «allora va bene. La Regione Lombardia una mano l’ha sempre data, ma noi abbiamo strumenti diversi, che stanno dentro il Psr, e con questi siamo pronti a fare tutto quello che la normativa ci consente di fare. Quello che non va fatto, invece», ha concluso l'assessore lombardo, criticando l'operato del ministro, «è creare aspettative di altra natura».
Mentre si registrano interessanti considerazioni di Giuseppe Ambrosi (Ambrosi SpA) e Jean-Marc Besnier (Lactalis) circa l'atteggiamento del ministro Martina e la presenza del colosso francese sul mercato italiano (affidate rispettivamente al quotidiano La Stampa di Torino e a Il Sole 24 Ore), i giorni passano e si avvicina il termine ultimo entro cui l'Antitrust si è impegnato a pronunciarsi sull’esposto che Coldiretti ha rivolto proprio contro la Lactalis (principale gruppo lattiero europeo, in Italia proprietario di Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani e Cadermartori). Secondo la confederazione agricola, Lactalis controllerebbe il 33% del mercato italiano del latte Uht; per questo gli allevatori hanno richiesto al Garante per la concorrenza ed il mercato di verificare "eventuali comportamenti scorretti nel pagamento del latte". Tra pochi giorni sapremo. Tra poche settimane, se qualcosa di nuovo non interverrà, il settore rischierà di trovarsi ancora in una situazione di conflitto difficilmente sanabile.
30 novembre 2015