Parmigiano: ancora modifiche, per correggere errori e ”sviste” passati e presenti

   "Il Parmigiano Reggiano continua ad investire sulla qualità come leva primaria per consolidare la crescita dei consumi interni  (+2,3% da gennaio a fine ottobre), il buon andamento dell'export (crescita del 7,2% per il prodotto in forme o porzionato e del 14,7% per il grattugiato nei primi otto mesi del 2015) e i primi segnali di ripresa che si stanno manifestando sul fronte delle quotazioni dopo due anni di crisi".

È con queste parole che il Consorzio di tutela del formaggio ha presentato al mercato, mercoledì scorso 25 novembre, l'ennesimo rimaneggiamento del disciplinare di produzione. Un rimaneggiamento che per molto versi lascia intravedere la volontà di porre rimedio ad alcune problematiche che hanno attanagliato – e che attanagliano – il prodotto, sia dal punto di vista della qualità reale che della produzione (sanità del latte) e del mercato (contraffazioni, anche interne alle realtà produttive della Dop).

Ed è proprio dall'Assemblea del consorzio che mercoledì è arrivata – a larghissima maggioranza (>91%) – la richiesta di operare per l'ottenimento delle nuove modifiche al disciplinare di produzione, "al fine di attuare una maggior tutela della qualità e un più reale legame con il territorio". «Sono questi», sottolinea il presidente Giuseppe Alai, «i primi elementi distintivi del nostro prodotto e – insieme all'assoluta naturalità – i fattori decisivi nella scelta dei consumatori». «Ad essi», ha proseguito Alai, «dobbiamo ancora associare gli esiti di una più ordinata ed efficace gestione dei flussi impostata con i Piani produttivi, ma è indubbio che sul versante della qualità si va alla riaffermazione di un primato che ha consentito di fare del Parmigiano Reggiano uno dei prodotti più conosciuti e apprezzati nel mondo».

Le future variazioni alla metodologia di produzione punteranno in primo luogo a frenare le contraffazioni, attraverso l'introduzione di nuovi sistemi e parametri di controllo (riguardanti isotopi, aminoacidi liberi e acido ciclopropanico) che renderanno possibile identificare con precisione il prodotto non originale sia per quanto riguarda la provenienza del latte che l'eventuale uso di prodotti vietati dal disciplinare nell'alimentazione delle bovine (insilati, ad esempio), ma anche svelare e contrastare possibili dichiarazioni ingannevoli sulla stagionatura del prodotto. Queste due problematiche riguardano – è evidente – ed è bene sottolinearlo – le taroccature che fanno più "male", vale a dire quelle esistenti all'interno del sistema della Dop.

Quanto al legame con il territorio delle province di Mantova (destra Po), Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna (sinistra Reno), le modifiche al disciplinare – che già stabiliscono l'uso assolutamente prevalente di foraggi locali nell'alimentazione delle bovine – prevedono che il latte destinato alla trasformazione sia prodotto esclusivamente da vacche nate nel comprensorio di produzione del Parmigiano Reggiano. A questo proposito i "non più giovani" come noi ricorderanno gli spot televisivi (2001-4) sulle "intruse" (vedi qui sopra): le vacche di evidente provenienza tedesca che già allora non erano ammesse. O che – per meglio dire – lo erano dopo un "acclimatamento" (o "quarantena", secondo i dettami della Dop) di appena quattro mesi dal loro arrivo nella zona di produzione.

Stop, dunque – e stavolta per davvero – ad animali provenienti dall'estero ma anche dall'esterno del comprensorio di produzione, nonché da altre filiere produttive. La nuova norma rafforza i vincoli con il territorio, e al contempo punta a generare un effetto indotto anche sui volumi produttivi. In sostanza, si eviteranno quei repentini e troppo consistenti aumenti produttivi che sono avvenuti, in passato, nel momento in cui il buon andamento delle quotazioni apriva la via all'ingresso di bovine provenienti da altre filiere (latte alimentare o altri formaggi) e, scontata la "quarantena", ad un rialzo dei quantitativi di prodotto da destinare ai mercati.

«Sono fenomeni», ha sottolineato Alai, «che abbiamo riscontrato, ed è evidente che la scelta che i caseifici hanno compiuto oggi è particolarmente rilevante e positiva per quei produttori che costantemente legano gli investimenti e i redditi all'andamento del Parmigiano Reggiano, senza ricorrere a forme di business occasionale che producono andamenti depressivi sulle quotazioni e, conseguentemente, danni proprio sui redditi».

Una "nuova e stringente norma", aggiunge il consorzio in una sua nota stampa, riguarda il "rapporto tra grasso e caseina al momento della produzione". Un rapporto “che va ad assicurare il mantenimento di una qualità che non asseconda possibili cedimenti (che sarebbero a vantaggio della resa in peso) sulla percentuale di lipidi presenti in un prodotto che già nasce dall'unione tra latte scremato per affioramento (quello della mungitura serale) e latte intero (quello del mattino)". Con percentuali analoghe è stata approvata anche la norma che prevede l’apposizione, sul prodotto porzionato, dell’età di stagionatura come ulteriore atto di trasparenza nei confronti dei consumatori.

30 novembre 2015