A guardar bene la proposta non è né nuova né rivoluzionaria. Stiamo parlando di "Latte tutto l'anno", un progetto che già dal solo titolo farà storcere il naso a chi sa che la zootecnia da latte ha e deve mantenere la propria stagionalità come fattore di garanzia della naturalità della produzione, come baluardo contro le iperproduzioni (le quantità non fanno mai rima con la vera qualità) e infine per garantire agli animali il necessario benessere animale.
In sostanza, ancora una volta in Sardegna (già lo faceva nel 2012, come testimonia un video su YouTube) un imprenditore operante in una moltitudine di settori (con la sua Obbiettivo Impresa srl spazia dal latte alla caccia, dall'horse-watching al business-scouting, senza farsi mancare un "focus sull'America Latina), tale Giuseppe Campus, ha riproposto con un convegno tenutosi a Macomer martedì scorso 2 dicembre, il modello di azienda zootecnica intensiva caprina e il suo omologo ovino, basati rispettivamente sulla razza spagnola Murciana Granadina e sull'israeliana Assaf, più volte al centro di polemiche in Spagna, quando – ad esempio – i pastori del Queso Zamorano e del Queso Roncal hanno voluto difendere le loro tipicità dalla globalizzazione (leggi qui e qui).
Chi conosce queste due razze (producono di più ma consumano anche di più) sa quanto il tipo di zootecnia che portano con sé, tutto basato sulla redditività, possa comportare dei profondi stravolgimenti delle attività produttive tradizionali, spesso legate (è il caso della Sardegna) alle proprie razze locali. Vagli a spiegare al signor Campus le ragioni della biodiversità: lui solo al profitto sembra badare, e solo il profitto prospetta. Certo, gli argomenti sono ben presentati: nei suoi incontri si parla persino di benessere animale e di qualità, due termini dai contorni sempre più vaghi, oggigiorno, e di "buone pratiche", termine che di per sé appare monco, mancando nelle descrizioni l'aggettivo "zootecnico" che – chissà com'è – è stato tralasciato (di "buone pratiche zootecniche" si parla nei trattati scientifici, e prevedono – non a caso – la necessaria fase del'"asciutta" stagionale, in cui gli animali non sono in produzione).
I giornali locali si avventurano nel parlare in maniera acritica di "esperti a confronto sulla produzione del latte di qualità" (Unione Sarda) ma sembrano poi mettere le mani avanti precisando che "la pecora che promette di dare latte tutto l’anno non parla sardo ma viene da Israele" (La Nuova Sardegna). A tale proposito, il quotidiano del Gruppo Editoriale L'Espresso si preoccupa di tranquillizzare chi, tra i propri lettori, si sente legato alla razza ovina locale, precisando che non ci sarà "concorrenza con gli ovini sardi, ma solo una integrazione per compensare quei periodi (estate e autunno) in cui la pecora sarda non ne produce". Come se non fosse vero che molti allevatori che accettano di passare alla Assaf lo fanno radicalmente, salvo poi doversene pentire quando i conti non quadrano, a livello sanitario, veterinario e – non ultimo – finanziario.
Inoltre, e ad eccezione di rarissimi casi, chi punta ad avere latte tutto l'anno è in sintonia con le logiche della Gdo e dell'industria, che non possono né vogliono permettersi di educare il consumatore al giusto consumo stagionale. E lo è a tal punto da essere in genere un produttore di latte che l'industria acquista, determinando il prezzo, come sempre accade, in base a indicatori internazionali. Dopotutto chi alimenta prevalentemente a mangimi decide che il legame con il territorio è un fattore del tutto trascurabile e, di conseguenza, si ritrova a produrre un latte uguale a sé stesso e a mille altri, tanto in Sardegna quanto in Olanda. Un latte il cui prezzo non rappresenterà un fattore di reddito certo bensì una variabile in balia dei trasformatori.
Pastori sardi: i fondi europei stanno per sfumare
In ultimo, e sempre dalla Sardegna, si profila un altro problema per gli allevatori. Come segnala il sito web Sardegna Oggi, "i pastori sardi rischiano di perdere fondi europei per milioni di euro". Si tratta di fondi comunitari a cui i pastori e gli allevatori non potranno accedere se non registreranno entro il 31 dicembre prossimo i propri capi ovini e caprini alla Banca Dati Nazionale.
7 dicembre 2015