Parmigiano Reggiano: alla sbarra i colletti bianchi delle aflatossine

Una pannocchia di mais contaminata da aflatossineSui quotidiani parmensi la notizia è stata pubblicata all’inizio della settimana scorsa, rimbalzando dalla Gazzetta di Parma all’Eco di Parma, a Parma Report, all’edizione locale delLa Repubblica, senza avere la capacità di sfondare però sulla stampa nazionale. Nonostante al centro della vicenda ci siano più di 2mila forme di Parmigiano Reggiano “fuorilegge”, finite sul mercato a partire dal 2013 per la condotta criminosa di alcune decine di persone.

Dalla ricostruzione operata dagli investigatori non è emersa l’attività di una banda di criminali, bensì un sistema articolato composto da tecnici e funzionari che, di concerto tra loro, si dedicavano a “risanare” – purtroppo solo sulla carta – una materia prima altamente pericolosa per la salute dei consumatori.

Al centro della storia c’è un traffico di certificazioni falsificate, che si sono rese “necessarie” per permettere ad alcuni caseifici di utilizzare delle ingenti partite di latte contaminato da aflatossine (micotossine che flagellarono la produzione maidicola a causa di stagioni calde e umide). Un latte che, di norma, avrebbe dovuto essere avviato alla distruzione, in quanto genotossico e cancerogeno per chi lo consumi tal quale o trasformato in qualsiasi genere alimentare derivato (non se ne potrebbe ricavare alcun prodotto, in quanto le aflatossine sono resistenti anche alla pastorizzazione, ndr).

La vicenda

Nel giugno del 2014 le indagini, già avviate un anno prima dal Pm Fabrizio Pensa, portarono all’arresto di quattro individui: il direttore del Centro Servizi per l’Agroalimentare di Parma “Bizzozero”, Sandro Sandri, e tre allevatori. Il Sandri aveva favorito gli imprenditori nell’ottenimento di certificazioni falsificate, attività che non poteva di certo aver condotto da solo. Dopo un’indagine iniziale, condotta su 63 persone, il cerchio si è stretto ora attorno a 29 di essi, ex funzionari e tecnici del suddetto Centro Servizi, imprenditori agricoli e allevatori, con la richiesta di rinvio a giudizio.

Per essi le accuse vanno dall’adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari (il latte “fuori” dai limiti di aflatossine veniva tagliato con latte “dentro” i limiti, per “rientrare” così nella norma, ndr), commercio di sostanze alimentari nocive, tentata truffa, falso ideologico. In particolare, per undici dei denunciati, tutti dipendenti del Bizzozero, la posizione risulta aggravata dall’accusa di associazione per delinquere.

A seguito della formalizzazione delle accuse, gli indagati avranno venti giorni di tempo per presentare ciascuno le proprie memorie difensive e per richiedere di essere ascoltati dal Pm. Passato detto tempo, sarà la Procura a decidere se archiviare qualche posizione e chi invece convocare in giudizio.

Una vicenda che nel complesso nuoce non poco sull’immagine di questa Dop, per quanto la cosa abbia coinvolto davvero pochi caseifici.

8 febbraio 2016