L’Italia del latte è nel caos, divisa tra chi ancora chiede misure e chi contesta Martina sui fondi alle Regioni

   Con la fine degli accordi sanciti al tavolo di concertazione ministeriale del novembre scorso sul prezzo del latte, si spalanca per la zootecnia italiana una situazione di difficile governabilità e dalle oscure prospettive. Il prezzo alla stalla non copre minimamente i costi di produzione, il blocco delle esportazioni verso la Russia e la fluttuazione degli acquisti dall’Oriente hanno minato la domanda dei mercati esteri. Per giunta, la volontà preannunciata da Lactalis di ridiscutere o di rescindere i contratti in essere, potrebbe portare al tracollo finale un gran numero di stalle, indicendo una maggiore dipendenza del nostro Paese dalle importazioni.

Negli ultimi dieci anni l’Italia ha perduto un patrimonio di 25mila produttori di latte. Di fronte all'aggravarsi della situazione la Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) ha deciso di manifestare, promuovendo una simbolica “marcia delle vacche”, che si terrà oggi a Carmagnola nei pressi del locale mercato del bestiame. A detta degli organizzatori si tratterà di un corteo pacifico in cui gli allevatori e le loro bovine marceranno alla volta del mercato "per attrarre l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica", spiegano gli organizzatori, "verso un comparto in agonia, destinato al fallimento senza una reale politica di sostegno".

"I manifestanti", insiste la Cia, "chiederanno al Governo di ribadire il proprio impegno al sostegno del settore e alla filiera di rilanciare le relazioni interprofessionali, abbracciando la linea della valorizzazione del made in Italy". In coincidenza con la manifestazione la Cia presenterà un documento di proposte per uscire dalla crisi e restituire al comparto speranze per il futuro. Paradossale situazione, peraltro, è quella piemontese, in cui queste istanze vengono avanzate solo adesso, e per di più a breve distanza dalla richiesta del marchio di tutela del latte piemontese da parte della Confagricoltura, presentato ufficialmente giorni fa (leggi qui) nella sede della Regione Piemonte.

E così, mentre da altre regioni ancora si levano alte le voci di protesta, da Roma il ministro Martina cerca di inviare un messaggio rassicurante alle amministrazioni locali: «Presenteremo un decreto per la totale ripartizione regionale delle risorse destinate al fondo nazionale istituito dalla legge Zaia». «A breve porteremo alla Conferenza Stato-Regioni», prosegue il numero uno del dicastero agricolo, «il provvedimento che stabilisce che le risorse verranno girate interamente alle amministrazioni regionali per gli interventi di sostegno agli allevatori e al sistema lattiero-caseario delle zone di competenza».

«Anziché la centralizzazione voluta dalla legge Zaia», ha concluso Martina, «noi impostiamo un percorso più vicino ai diversi territori: una scelta che risponde in pieno al principio di sussidiarietà e che può contribuire al contrasto di una tra le più pesanti crisi del settore del latte in Europa».

Fava punta il dito ancora sul ministro
In totale disaccordo con Martina, e non è la prima volta, si è espresso l'assessore agricolo lombardo Gianni Fava, che non ha usato mezzi termini: «Il decreto annunciato dal ministro Martina per la totale ripartizione regionale delle risorse destinate al fondo nazionale è una polpetta avvelenata; il solito annuncio dietro il quale si celano non soldi veri, ma cambiali in bianco».

«Da federalista convinto quale sono», ha proseguito Fava «accolgo sempre con molto piacere notizie che pongono in capo alle Regioni ed alle amministrazioni locali la gestione delle risorse per il settore agricolo, in quanto sono convinto che la conoscenza e la vicinanza del territorio siano un valore aggiunto per il corretto ed efficiente utilizzo delle risorse pubbliche. Non so però se oltre all’annuncio del ministro ci siano effettivamente le risorse».

A detta di Fava il ministro «si riferisce a risorse che per la Lombardia assommano a 35 milioni di euro circa, vale a dire ai due terzi dei 50 milioni di prelievo imputati, visto che un terzo si riferisce al prelievo da versare alla Commissione Europea. Ma se oggi guardo nelle casse del sistema-Italia quanti, di quei 50 milioni ci sono? Io ne vedo appena 13, vale a dire meno di quanto c'è da versare alla Commissione Ue».

7 marzo 2016