Cibus, è davvero una grande kermesse del food, occasione impareggiabile per concludere affari con operatori italiani e stranieri, certo non una fiera alla portata di tutti. Di sicuro gli spazi espositivi non sono venduti a buon mercato, e poi non sia mai che ad una piccola azienda arrivino ordinazioni insostenibili per la scarsa disponibilità di prodotto. E che un'impennata della richiesta sposti un produttore rurale nella dimensione della "qualità" industriale.
Una fiera, il Cibus, in cui se càpiti nelle ore di punta, dopo file chilometriche per raggiungere un accidenti di parcheggio prossimo alla fiera, può capitarti il tracollo biliare nel vedere l'industriale o il politico di turno calare dal cielo nell'eliporto interno per poi tornare alla base dopo la comparsata che lo ha portato sin lì, e che verrà puntualmente rilanciata dai grandi media nazionali.
Media alimentati da uffici stampa che all'interno dei grandi eventi sono sempre altamente qualificati ed efficienti. In grado di produrre tutti i comunicati stampa e le foto necessari, prima durante e dopo la manifestazione. E proprio dall'ufficio stampa del Cibus è scaturito giorni fa quello che, lo speriamo per loro e per le aziende coinvolte, sembra più un esperimento mal riuscito che un prodotto dell'ingegno umano. Perché di ingegnoso non ha proprio un bel niente.
Per sostenere la "macchina dei premi" conferiti alle aziende per i migliori salumi, formaggi, etichette, legumi, paste, imballaggi – e chi più ne ha più ne metta – qualche genio del marketing (o forse del male?) ha pensato al comunicato stampa universale. Vale a dire ad un testo unico in cui ciascuna azienda vincitrice di un qualcosa, semplicemente inserendo il nome del prodotto e quelli del premio, del presidente o direttore e dell'azienda stessa – oplà – come d'incanto, si ritrova ad avere un bel comunicato stampa in rete.
Ecco così che l'idea che non c'era trova spazio sui media e in un battito di ciglia disfa quel che era stato in qualche modo costruito: decine di aziende, ciascuna premiata per un suo irripetibile savoir faire (a volte poco convincente) vengono omologate ciascuna alle altre. Tutte descritte allo stesso modo, tutte raccontate con le stesse identiche parole. Sin dentro le impersonalissime interviste. E così accade che la cooperativa di cento soci, amministratore delegato in resta, e la piccola azienda agricola del contadino illetterato come d'incanto parlino allo stesso modo. E – quel che è peggio – allo stesso mercato.
Leggere per credere quel che abbiamo letto noi, qui e qui o nella foto qui sopra.
Se la comunicazione non fosse cosa seria, ci sarebbe da ridere e non poco. Nell'era dei social network, in cui ogni piccolo produttore s'illude di poter essere protagonista della propria immagine, ecco la ciliegina sulla torta. Ai miopi apparirà anche appetibile. Basterà non avvicinarsi troppo per non rimanere delusi.
23 maggio 2016