Pecorino Romano: è tensione tra consorzio e istituzioni laziali

foto Consorzio di Tutela del Pecorino Romano©Tanto tuonò che piovve, e fu così che il "caso" dei formaggi "romani" presunti "concorrenti sleali" della Dop che romana lo è più di nome che di fatto – quella del Pecorino Romano – balza ai disonori delle cronache. Per rimbalzare poi di bocca in bocca, di sito in sito, arrivando ad assumere negli ultimi giorni toni forti e risentiti. A cui si sono aggiunti i minacciosi proclami di chi vorrebbe ora distinguere – palesemente, in etichetta – i Dop prodotti in Sardegna dai Dop del Lazio.

A dare la stura alla querelle, pur con un'iniziativa passata un po' in sordina, fu il 30 settembre scorso il deputato Oreste Pastorelli (PSI), che dal suo sito web e in un'interrogazione ministeriale, aveva richiesto "la revisione dei criteri di contingentamento del Pecorino Romano Dop, in modo da non arrecare danno alle aziende della regione Lazio" e "l’obbligatorietà dell’indicazione in etichetta della provenienza territoriale del latte e del luogo della sua trasformazione".

«Così facendo», aveva poi spiegato Pastorelli, «si andrebbe non solo a tutelare maggiormente il consumatore, ma aumenterebbe la tracciabilità del prodotto stesso». Parole e propositi all'acqua di rose, se si confrontano con quanto poi scaturito nell'ultima settimana, a partire da lunedì scorso, 10 ottobre, quando all'iniziativa del deputato socialista avevano fatto seguito le esternazioni di tre consiglieri regionali del Lazio – Enrico Panunzi, Daniele Sabatini e Riccardo Valentini – che avevano espresso la loro "viva preoccupazione per il sequestro di prodotti caseari di aziende laziali che riportano sull’etichetta l’aggettivo “romano” in quanto ciò sarebbe lesivo del marchio Pecorino romano Dop”.

I tre consiglieri si riferivano ad azioni di sequestro passate invero in sordina, nei primi giorni di ottobre, ed avvenute ai danni di "formaggi la cui nascita è in molti casi anteriore alla creazione della Dop Pecorino Romano". Esasperati dalla situazione, Panunzi, Sabatini e Valentini, erano arrivati a dichiarare di voler "avviare l’iter procedurale per uscire dal Consorzio di Tutela del Pecorino Romano Dop, per poi creare un marchio di qualità proprio di questa regione, anche per combattere una situazione che ha del paradossale».

La presa di posizione dei tre, riportata in dettaglio dal quotidiano Tuscia Web non è passata inosservata all'assessore all'Agricoltura, Caccia e Pesca della Regione Lazio, Carlo Hausmann, che si è prontamente dichiarato «preoccupato per il sequestro di prodotti caseari che riportano in etichetta marchi di produttori privati con l'indicazione dell'aggettivo "romano", perché ritenuti lesivi del marchio Pecorino Romano Dop».

«Quest'azione», ha proseguito Hausmann riferendosi al "misterioso" sequestro, «basata su una interpretazione normativa tutta da approfondire, crea un gravissimo danno alle aziende e deve essere al più presto bloccata. Chiediamo l’immediato intervento del Ministero delle Politiche Agricole e invitiamo il Consorzio di Tutela del Pecorino Romano Dop a considerare con grande attenzione la sua politica di difesa delle produzioni».

«Appare davvero strano», ha concluso l'assessore laziale, «che per tutelare un prodotto in massima parte realizzato sul territorio sardo e che utilizza il nome “romano”, si colpiscano imprese che operano per l’appunto a Roma, che utilizzano materie prime locali, qualificando il proprio prodotto in modo trasparente, senza incidere minimamente sulle dinamiche di mercato di un prodotto, il Pecorino Romano, a cui anche il Lazio tiene molto. Auspico che la situazione possa essere risolta quanto prima, con la piena soddisfazione di tutti».

A latere del grande polverone mediatico creatosi, si è insinuata la Coldiretti del Lazio, che – come riportato dal quotidiano web Ciociaria Oggi ha richiesto l'intervento dell'Antitrust e la creazione di una Dop "Pecorino Romano" prodotto nel Lazio.

17 ottobre 2016