Dieci anni dopo, nasce a Torino l’Eataly dei carcerati. Ma Farinetti non c’entra nulla

   Giovedì scorso, 27 ottobre ha aperto i battenti a Torino "FreedHome-Creativi Dentro", il primo punto vendita di prodotti d'eccellenza "made in carcere": dai dolci ai vini, alle birre, ma anche ai capi di abbigliamento, ai mobili, ai cosmetici; tutti realizzati da detenuti in quarantacinque istituti di pena italiani. I prodotti verranno commercializzati in un vero e proprio show-room – sito in via Milano 2/c, non lontano da piazza Castello – in cui lavoreranno quattro detenuti, "coadiuvati" da due agenti, con funzione di sorveglianza.

I locali sono stati messi a disposizione in comodato d'uso dal Comune di Torino, per dare corpo al progetto di Extraliberi, una realtà che porta sul mercato il lavoro di tredici tra cooperative e associazioni tra cui spiccano i nomi di "Brutti e Buoni", "Cibo Agricolo Libero", "Dolci Evasioni", "Farina nel sacco", "Vale la pena", solo per citarne alcuni. Si tratta di realtà sorte in questi ultimi anni, all'interno di un fenomeno diffuso che vede nei luoghi di detenzione la nascita di una dimensione di riscatto dall'alienazione di un sistema carcerario meramente detentivo. Nasce con loro e in loro una prospettiva che permette di vede in un'economia carceraria possibile la chiave di volta per ripensare concretamente il sistema penitenziario italiano.

«FreedHome», spiega Gianluca Boggia, presidente di Extraliberi e coordinatore del progetto «è il primo negozio in Italia che nasce in maniera permanente e non estemporanea come attività commerciale e luogo di visibilità delle produzioni carcerarie. Non sarà la solita iniziativa natalizia, ma saranno messi in vendita prodotti provenienti sia da Torino sia da tutti gli altri istituti di pena italiani, molti dei quali sono già fornitori di Eataly o delle botteghe di Altro Mercato».

Ad esempio, dal carcere femminile di Venezia provengono i cosmetici naturali marchiati “RioTerà dei Pensieri”, preparati con erbe officinali coltivate nell’orto biologico della Giudecca, mentre dalla Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino arrivano le magliette stampate artigianalmente. Nel reparto alimentare si trovano vere e proprie leccornie come i dolci artigianali delLa Banda Biscotti, prodotti nel carcere di Verbania e la pasticceria biologica delL'Arcolaio, provenienti nel penitenziario di Siracusa.

L'interesse dei media della società civile
Nei giorni scorsi alcuni siti web vicini alle realtà della società civile ne hanno parlato accostando l'immagine di questo negozio al nome di Eataly (Vita.it ha titolato "Apre a Torino l'Eataly dei detenuti"). Chissà, forse per alcune relazioni commerciali preesistenti, che legano alcune di queste realtà produttive alla catena di supermercati governati da Oscar Farinetti. O forse per il concetto di "eccellenza" che aveva accompagnato la nascita del "supermercato vicino al mondo Slow", che dieci anni fa mese più mese meno (era il 27 gennaio 2007) apriva i battenti proprio a Torino, in quello che era stato lo storico stabilimento Carpano di via Nizza.

Dal carcere ai tribunali
Che si tratti di una mera coincidenza o di qualcos'altro, ci piace notare che proprio in questi giorni il Tar del Lazio si sia occupato ancora una volta di una condotta non particolarmente esemplare del vero Eataly, accusato dal Codacons di pratiche commerciali scorrette (per via di etichettature che sarebbero state tutt'altro che rispettose della normativa vigente). Ancora una volta con un epilogo che ha scagionato il colosso del cibo "presunto buono, pulito e giusto" di fronte a quelle che il buonsenso porterebbe a definire palesi violazioni della legge.

L'associazione dei consumatori si appellerà ora al Consiglio di Stato, confidando che una volta tanto i reati commessi possano essere espiati con le previste pene (se non detentive quantomeno amministrative, ndr), dopo che vari Tribunali d"Italia si erano già occupati più volte della "firma" della GdO per questioni legate alle licenze commerciali e ai diritti dei lavoratori. Sempre (o quasi) col medesimo esito di veder scagionata l'azienda. Come se a proteggerla ci fosse qualche ente supremo in grado di renderla immune da una legge che – a quanto pare – a volte stenta ad essere – com'è scritto in tutte le aule dei tribunali – "uguale per tutti".

31 ottobre 2016

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