Truffa dei formaggi scaduti: sarà Pasteur a scagionare i colpevoli?

Per quanto senza un grande dettaglio, le immagini dei servizi Rai sugli sporchi traffici di Tradel e Megal furono più che eloquentiIn origine erano formaggi. Quali che fossero, formaggi, purché scaduti, marci, pieni di vermi, da acquistare sottobanco, da immagazzinare e "ripulire" per reintrodurli sul mercato come nulla fosse. Lo scandalo, deflagrato nel 2008 a seguito di una vasta indagine della Guardia di Finanza, toccò nomi altisonanti dell'industria nazionale, che – come se nulla fosse – uscirono di scena, nel 2012, all'esordio di un processo che all'epoca ebbe del clamoroso e che trovò risalto su decine e decine di testate nazionali web e cartacee, radiofoniche e televisive. Qualeformaggio seguì la vicenda nel marzo del 2012 e nel settembre del 2013, quando il processo sembrava aver messo ormai alle corde i soli pesci piccoli.

A tre anni di distanza da quell'ultimo nostro articolo è un solo quotidiano a dare spazio ad un esito processuale che ha del clamoroso: il quotidiano Il Giorno (di otto giorni fa, ndr), nella cronaca locale di Cremona, titola "Formaggi scaduti e rilavorati, il processo si dovrà rifare". La notizia ha del grottesco e meriterebbe ben altra attenzione dalla stampa nazionale tutta, scivola ora nella più bieca omertà mediatica. Dove sono oggi i redattori dei notiziari del TG1 e del TG2 RAI, di RAI News 24 – e di altre testate locali e nazionali – che gridarono allo scandalo, dando allora a questa truffa il risalto che meritava? Dove i loro caposervizi? Quanto sono "distratti" adesso i loro editori? 

Il servizio di RaiNews 24 del 5 luglio 2008 che fece i nomi delle industrie coinvolte nello scandalo. Da non perdere!

Pur di fronte a questi serissimi dubbi, proviamo a ripercorrere ora brevemente l'iter della vicenda. Il sistema criminoso fu presto smascherato dalle Fiamme Gialle: due società di Casalbuttano, in provincia di Cremona – la Megal e la Tradel – si erano specializzate nel ritiro di formaggi scaduti dalla rete vendita nazionale, garantendo alle aziende l'annullamento di un costo non irrilevante (30-35 centesimi al chilo) relativo allo smaltimento. I formaggi, lavorati ad alte temperature, finivano per essere reintrodotti in commercio illegalmente sotto forma di sottilette, ripieni per pasta e – più spesso – come grattugiati misti, finiti nel frattempo sulle tavole italiane ma anche all'estero, fruttando ai malviventi fatturati da capogiro, che nel periodo 2004-2008 hanno raggiunto i 10 milioni di euro annui.

L'ingresso di uno degli stabilimenti degli orrori caseari, quello della Tradel di Casalbuttano in un'immagine di repertorio della RaiA distanza di otto anni dallo scandalo, il marcio di un tessuto fitto di connivenze (tradotto in immagini raccapriccianti di carcasse ed escrementi di topi, muffe di ogni genere, montagne nauseabonde di prodotto igienicamente fuorilegge) che ha coinvolto alcune tra le principali industrie italiane (ascoltate i nomi nel video qui sopra), la Asl di Cremona (un dirigente e due veterinari, che avvisavano prima delle visite e che avevano "concesso" un loro timbro ai malviventi del riciclo) e altri personaggi "minori" sembra essere svanito nel nulla.

Il proprietario e il direttore dei due stabilimenti cremonesi – rispettivamente Domenico Russo e Luciano Bosio – hanno così affrontato un lungo processo ("per aver alterato le caratteristiche di prodotti lattiero-caseari scaduti e rimessi in circolazione, con grave pericolo per la salute pubblica") conclusosi nel 2014 con le condanne – confermate in secondo grado dal tribunale di Brescia – a quattro anni di reclusione per il primo e a due anni e tre mesi per il secondo.

Per quanto senza un grande dettaglio, le immagini dei servizi Rai sugli sporchi traffici di Tradel e Megal furono più che eloquentiIl colpo di scena, pochi giorni fa a Roma, dove la Corte di Cassazione ha accolto le istanze dell’avvocato difensore dei due imputati, Antonino Andronico, che ha sostenuto una tesi che ha dell'inverosimile, vale a dire che la pastorizzazione e la microfiltrazione sanificano il prodotto, rendendolo di nuovo commestibile. Risultato: sentenze annullate e processo rinviato alla Corte d'Appello di Brescia, che prossimamente fisserà la data per il nuovo procedimento.

Un epilogo che ha dell'inverosimile. A questo punto cosa dovremmo più aspettarci dalla giustizia nel caso di frodi del genere, in questo o in altro settore dell'agroalimentare? E poi: quale messaggio dovrebbero recepire i non pochi furbetti del formaggino che già operano in maniera più che spregiudicata in questo nostro povero settore?

31 ottobre 2016

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