Latte: la Sardegna prova a coniugare l’inconiugabile

Venerdì 18 scorso, la Regione Sardegna ha diffuso un comunicato in cui annuncia – e non è la prima volta – “il rafforzamento dei programmi annuali di miglioramento genetico della razza ovina sarda, con particolare attenzione alla qualità casearia e igienico-sanitaria del latte”. Il provvedimento, che verrà attuato nel 2017 “sarà al centro di speciali convenzioni tra Regione e Associazioni degli allevatori, con la supervisione del Ministero delle Politiche agricole”.

A prevederlo è una delibera proposta dall’assessora regionale all’Agricoltura, Elisabetta Falchi, approvata martedì 15 novembre dalla Giunta regionale, nella quale è compresa anche la copertura finanziaria delle attività di tenuta dei libri genealogici e di svolgimento dei controlli funzionali del bestiame svolte dalle Aipa (Associazioni interprovinciali degli allevatori) negli anni 2014, 2015 e 2016.
La sensazione è che la strada proposta non convinca davvero più nessuno: non servono le maggiori quantità bensì una qualità del latte che risponda a due requisiti: una superiorità assoluta e un effettivo radicamento nell’isola (i mangimi globalizzano; sono le essenze del luogo a creare il legame con il territorio, ndr). La sensazione è che manchi progettualità, sia nella produzione che nella commercializzazione e promozione del prodotto. Un po’ come per il “mito” della pantera “sarda”: tutti ne parlano ma nessuno l’ha ancora vista davvero.
Per leggere tutti i dettagli della delibera, direttamente sul sito web della Regione Sardegna, cliccare qui
21 novembre 2016