Chi sbaglia paga, ma a volte non è proprio così. E quando la Giustizia non è ritenuta giusta, l'italiano medio (e non solo quello) arriva ad ergersi giudice, auspicando l'intervento di un qualche tribunale popolare che non può e non deve esistere. Quantomeno in un Paese che si reputi civile e democratico.
Dipenderà forse, chissà, dal sempre più becero uso che molti italiani stanno facendo dei social network (a volte sembra di entrare in certi balordissimi bar in cui ognuno apre la bocca e lascia andare lo spirito) ed ecco che i più estremisti, spinti da un sempre crescente ardire, e come liberatisi di ogni freno inibitorio, giungono a proclamare giudizi grondanti odio lanciandosi talvolta in epiteti che suonano come sentenze di condanna, mosse dai più bassi istinti umani.
Come per la vicenda che ha visto per protagonisti due malghesi camuni – padre e figlio – che nel luglio del 2014, chissà per quale efferato motivo, uccisero un cane a suon di bastonate. Quando la notizia trapelò dai giornali locali, grazie ad una documentazione fotografica che non lasciava spazio al dubbio, il popolo della rete si lanciò nelle più violente invettive ("bisognerebbe trattare loro allo stesso modo, adesso" fu una delle meno forti, ndr).
Ora che la Giustizia ha fatto il suo corso, assolvendo (nel dicembre scorso, ndr) purtroppo i due (leggi qui e qui), nonostante le prove schiaccianti, è successo anche di peggio. E chissà che l'ultimo atto di questa tristissima storia non sia ancora da scrivere.
E sì, perché stavolta a passare il limite non sono stati alcuni utenti dei social network bensì i vari quotidiani – locali e non – che, forse per ingraziarsi i molti lettori animalisti, hanno spesso "colorito" con eccesso la vicenda, gettando benzina sul fuoco, quando di acqua ne sarebbe servita, e tanta.
Uno di questi in particolare – Blitz quotidiano – ha deciso di primeggiare nella gara alla delazione, pubblicando nomi e cognome dei due, decidendo persino di gridarli dal titolo: "Giacomo e Domenico Romxxxx uccisero cane a bastonate: assolti".
La questione non è affatto di lana caprina, riguardando una testata giornalistica, un editore e un giornalista (che, meschinamente, non si firma, ndr) e toccando i temi della deontologia professionale, la privacy e la vulnerabilità di due esseri umani. Che hanno sbagliato – ma è una corte di giustizia che deve stabilirlo, non un tribunale popolare – e che ora rischiano la vendetta di qualche animalista balordo. Ché di questi tempi, come tutti sappiamo, non ne mancano certo, in grado di organizzare spedizioni punitive.
Ogni società civile ha le sue regole, che vanno rispettate, e reprimende che possono e debbono essere comminate, quando è il caso di farlo. Tra di esse esistono anche le sanzioni che l'Ordine Nazionale dei Giornalisti è tenuto ad infliggere (avvertimento, censura, sospensione, radiazione). Pur giudicando negativamente l'assoluzione da parte del Tribunale di Brescia, la nostra Redazione, in linea con i contenuti del codice di deontologia professionale, ritiene opportuno che l'Ordine Nazionali dei Giornalisti intervenga sanzionando le parti in causa. In tal senso ci esprimeremo nei prossimi giorni affinché la necessaria moderazione torni a primeggiare quantomeno tra gli attori del mondo dell'informazione.
16 gennaio 2017