«Nonostante gli annunci, credo che non ci sarà una revisione di medio periodo della Pac, ma le discussioni che si avranno ora saranno propedeutiche alla programmazione successiva a quella attuale, che arriva al 2020». Ad affermarlo è stato, venerdì scorso, l'assessore all'Agricoltura della Regione Lombardia, Gianni Fava, intervenendo all’assemblea annuale di Confagricoltura Brescia.
Fava ha aggiunto che «deve partire da Brescia questo appello alla politica nazionale ed europea, altrimenti se cambia lo strumento della Pac il rischio che per la nostra agricoltura non ci sia futuro è elevato».
La posizione del politico è stata condivisa dal professor Angelo Frascarelli, ordinario di Economia Agraria all’Università degli Studi di Perugia: «Ha ragione Fava, inutile perdere tempo col regolamento Omnibus; meglio concentrarsi sulla riforma della Pac post-2020, che però si discute già oggi, nel 2017».
«L’Unione Europea», ha poi aggiunto Fava, «si sta spostando rapidamente da un sistema di finanziamento per quota-parte ad un sistema che privilegia gli strumenti finanziari. Ciò significa che l’orientamento comunitario sarà di assegnare incentivi per abbattere gli interessi passivi. Con la costante che, a parità di condizioni, chi non è bancabile oggi non lo sarà dopo il 2020».
Una scelta questa che potrebbe compromettere seriamente la sfida della competitività per le imprese agricole. «Se vogliamo essere produttivi e continuare a ragionare sui numeri», ha aggiunto Fava, «dobbiamo fermare questa scelta, e il 9 marzo avremo un’importante audizione sulla riforma della Pac in commissione Agricoltura alla Camera».
Un assessore che apprezza alte performance e biodiversità
Nel corso di una visita, giovedì, all'allevamento Barozzi Holstein di Canneto sull'Oglio, premiata al Dcrc (Dairy Cattle Reproduction Council) di Salt Lake City, nello Utah (USA) per le alte performance della propria mandria (800 vacche, 35 lt di produzione giornaliera, ndr), l'assessore lombardo si era complimentato con i titolari dell'azienda sottolineando che «una storia di passione e impegno» come la loro, «che sta dando risultati da primato anche oltreoceano, stride con la scarsa attenzione del ministero delle Politiche agricole, come ho avuto modo di denunciare anche in passato».
«Nel Piano straordinario sulla zootecnia da latte varato recentemente», ha concluso Fava, «il Mipaaf ha stanziato 15 milioni di euro senza alcun criterio, scegliendo deliberatamente di non tutelare la selezione genetica, senza alcuna progettualità di medio-lungo termine. Così non si aiutano gli allevatori».
Oltre alle reiterate polemiche con il ministro Martina, oramai fini a sé stesse e di poco interesse per la gente, l'assessore farebbe bene a ricordarsi quanto espresso nelle sue visite alle realtà della montagna lombarda, in cui ha sempre esaltato i valori della biodiversità e della qualità reale dei prodotti, come non esistesse altro. Non quelli della genetica e delle iperproduzioni, che oramai – lo dice il mercato che di latte ne chiede sempre meno – non rappresentano più il fronte su cui giocare la partita per il futuro, checché ne dica chi promuove una zootecnia di "precisione" che non riesce a vedere oltre il proprio naso. L'attenzione dei consumatori per gli alimenti salubri cresce di giorno in giorno, e alla lunga l'esaltazione delle vacche da 35-40 litri al giorno non pagherà più – ce lo auguriamo – neanche in termini di consenso e di popolarità tra gli allevatori stessi.
27 febbraio 2017