5 libertà su 7 per le vacche della Centrale del Latte di Torino

Le due libertà che mancano alle vacche da zootecnia intensiva: quella di potersi muovere all'aperto, e quella di poter brucare erba fresca, scegliendola - foto Pixabay©La Centrale del Latte di Torino ha ottenuto la certificazione di prodotto DT 86, utile per comunicare che sia il latte fresco che quello di “Alta Qualità” sono ottenuti in allevamenti piemontesi che, per quanto con vacche in stalla, risultano in possesso dell’attestazione sul “benessere animale”. “La certificazione”, spiegano i responsabili della compagine torinese, “assicura che l’azienda segue uno strutturato programma di valutazione del benessere animale, fondato su basi scientifiche e oggettive, il quale attribuisce l’idoneità del benessere animale al 100% degli allevamenti che conferiscono la materia prima per la produzione di latte fresco Tapporosso”.

“La certificazione “Benessere Animale””, spiegano alla Centrale del Latte di Torino, “si configura come la meta finale di un lavoro avviato sin dalla metà degli anni Ottanta, attraverso un programma di selezione e di miglioramento qualitativo del latte alla stalla” (grassi, proteine, carica batterica, cellule somatiche: i quattro fattori merceologici, ndr), “legato anche al benessere animale”.

“La tutela del benessere animale perseguita dalla Centrale del Latte di Torino”, spiegano i responsabili del primo produttore di latte del Piemonte, “si ispira alle cinque libertà fondamentali enunciate dal Fawc (Farm Animal Welfare Council)”:
quella dalla fame e dalla sete, quindi disponibilità di acqua fresca e pulita e di un’alimentazione che mantenga l’animale vigoroso e in buona salute;
quella dal disagio ambientale (disponibilità di un ambiente appropriato che includa aree di riparo e zone di riposo confortevoli);
quella dal dolore (prevenzione, diagnosi tempestive e cure appropriate);
quella di esprimere comportamenti naturali (grazie a spazi sufficientemente ampi, strutture adeguate e alla compagnia di animali della stessa specie);
quella dallo stress e dalla paura (condizioni di vita e trattamenti che evitino sofferenze psicologiche all’animale).

Emerge evidente, purtroppo, la mancanza di una sesta libertà, quella di poter pascolare libere.

“La qualità e l’idoneità del latte”, è stato sottolineato, “vengono invece garantite da prelievi effettuati direttamente nelle stalle e analizzati quotidianamente presso i laboratori della Centrale e periodicamente presso la struttura dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle D’Aosta”.

Salta all’occhio quindi, evidente, l’assenza di una settima libertà: quella di potersi nutrire scegliendo cosa brucare, nel pascolo, libertà oggigiorno assai difficile da ottenere, ma non del tutto impossibile, tanto in pianura quanto in montagna.

Il dubbio che ci assale è uno solo: se quello della zootecnia intensiva, per quanto portata ai livelli massimi dell’azienda torinese, viene definito “benessere animale”, l’altro, ovvero quello delle vacche al pascolo che tornano ad essere erbivori di nome e di fatto, come lo dovremmo chiamare?

13 marzo 2017