Nuove metafore per vecchi orizzonti: Maroni in Liguria s’inventa il “pestellum” in salsa padana

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I territori del cibo sono spesso, troppo spesso invasi da chi non dovrebbe permettersi neanche di avvicinarvisi. Spessissimo dalla politica, quasi sempre a sproposito (la mortadella è di sinistra? il tartufo di destra?), come nel siparietto, perché di siparietto si è trattato, che lunedì scorso a Genova ha visti impegnati (si fa per dire) i presidenti della Regione Liguria, Giovanni Toti, e il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni.

 

I due, incontratisi nella sede della Regione Liguria, in occasione di un evento per la valorizzazione del Basilico di Prà, hanno dispensato ai presenti qualche battuta scherzosa sulla futura legge elettorale. Lanciandosi nell’improbabile metafora, il presidente Toti, ha esordito affermando che “La legge elettorale dev’essere come il pesto: per realizzarlo servono ingredienti equilibrati. Serve il basilico, che sono i voti” “e poi serve il sale – ha rilanciato Maroni – “per dare sapore” (il sale dà sapore?!?).
 
“Poi ci vogliono i pinoli”, ha rilanciato Toti (ma quali pinoli se non quelli di Pisa?), “che sono il diritto di rappresentanza anche dei piccoli partiti, che hanno comunque diritto ad avere voce in capitolo. Poi serve l’olio (si “spera” extravergine d’oliva Riviera Ligure, ndr), perché in politica tutto deve scorrere come il motore della macchina. E ci vuole l’aglio (di Vessalico, lo vogliamo dire?, ndr) per dare sapore (sapore?) alle decisioni che si prendono, altrimenti restano insipide e poco profumate”.
 
“Infine”, ha rilanciato il numero uno del Pirellone,  “il formaggio, Grana Padano, non il Parmigiano, il tutto amalgamato con il “pestellum”, e questa è la ricetta”.
 
Ora, al di là di fare i simpatici – o per meglio dire di provare a fare i simpatici – resta il fatto che ciò che mangiamo – il cibo, e in questo caso un condimento tipico come il Pesto Genovese, deve essere fatto secondo tutti i crismi (Prà, Vessalico, Pisa, non basilico, aglio e pinoli generici, ndr) seguendo le regole e rispettando ingredienti e metodo di lavorazione (nel mortaio, si “pestano” i pinoli e l’aglio, poi si amalgama il basilico, con movimenti rotatori; infine si aggiungono formaggio grattugiato al momento, continuando ad amalgamare; poi sale grosso e olio e.v.o. a filo, continuando a girare).
 
Tornando al formaggio – checché ne dica il Maroni – si dovranno usare Parmigiano Reggiano e  Fiore Sardo, in parti uguali o meno, secondo il proprio gradimento (le variabili sono concesse, nel rispetto degli ingredienti e della tecnica di esecuzione). Né più né meno come dev’essere. E come tradizione vuole. Il Grana Padano lo lasceremo usare all’industria.
 
Infine, chi voglia la vera ricetta, può trovarla qui.
 
29 maggio 2017