Pastoralismo e giustizia sono da buttare: parola di Brunetta

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A volte non si crede a quel che si legge sui giornali, soprattutto quando qualche politico decide di esternare in maniera chiara il proprio personalissimo pensiero. Pare infatti che per questa classe di governanti, la notorietà e il consenso siano direttamente proporzionali alla capacità di comunicare in maniera eclatante, anche a costo di offendere culture e mondi interi.

Stavolta è di turno il ministro per la Funzione Pubblica Renato Brunetta, che in un’intervista rilasciata al quotidiano Libero il 2 gennaio, torna alla carica sulla questione più cara alla Lega Nord, rammentandoci che «il percorso federalista non può essere ulteriormente eluso». Secondo il mini-stro è ora importante completare l’iter che è stato avviato, perchè «i pezzi di federalismo già introdotti, se non trovano una loro regolazione costituzionale, rischiano di scassare il sistema».

Tra le urgenze care a Brunetta c’è poi quella di riformare la giustizia, «per riportare, per via costituzionale, l’equilibrio tra il potere politico e l’ordine giudiziario». «Oggi», secondo il ministro, «il potere politico è in balìa della cattiva giustizia, organizzata in modo pre-industriale, agricolo-pastorale».

A pensare a quante e quali straordinarie culture il mondo agricolo e pastorale abbia saputo costruire e tramandare nei secoli nel mondo e in larga parte d’Italia (sino a meritare, ad esempio in Sardegna, il titolo di Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco) c’è solo da credere che il ministro parli, disprezzandole, di cose che non conosce.

Avanti Brunetta!: a presidiare tratturi, pascoli e territori marginali, domani ci manderemo i suoi efficienti manager e gli industriali.

4 gennaio 2010