Il giusto mix per una buona mozzarella di bufala? Un habitat di qualità per le lattifere, una zootecnia rispettosa dell’animale, del buon latte integro, dei casari competenti e appassionati, e… il gioco è fatto ! Va da sé che i luoghi comuni potrebbero portare a pensare alle classiche produzioni campane, dove tradizione e prodotto si fondono in un unicum a volte insuperabile, ma stavolta la sorpresa è davvero tanta, se si pensa che una delle migliori mozzarelle del nostro Paese viene prodotta in quel di Sesto Calende, Varese, Lombardia.
Ad affermarlo alla stampa locale nei giorni scorsi è stato il proprietario del caseificio, Franco Trotta, salernitano doc, che ha deciso di impiantare la sua bella azienda non lontano dal lago Maggiore, rifornendosi di latte dal vicino Piemonte. «Il latte», spiega Trotta, «è più buono. Certo, se lo fanno pagare più caro, ma la qualità è decisamente migliore di tanti altri latti in circolazione. A parità di litri di latte impiegati, però, il prodotto finale risulta più conveniente sia in qualità che in quantità». «E in più», prosegue Trotta, «la qualità si vede subito già tagliando la mozzarella: fa poco latte, e ciò dimostra che il prodotto ottenuto è migliore perché contiene meno acqua».
Nel frattempo, in attesa del responso del mercato, quella del latte padano è già una realtà anche nel territorio campano, che regolarmente importa grandi quantità di latte dal nord Italia, lo trasforma e lo restituisce al nord sotto forma di prodotti caseari che da decenni hanno trovato dei solidi riscontri dal mercato. Ma ora che la trasformazione può avvenire a due passi da Milano, che senso avrebbe continuare ad acquistare prodotto campano? «Nessuno», dice Trotta, «dato che a parità di prodotto avere quello locale garantisce una maggior freschezza al consumatore, che con una shelf life di quattro giorni ha un giorno in più per consumarlo!».
A questa iniziativa, e alla giusta eco che ha avuto sul mercato lombardo, ha risposto duramente il presidente della Lab (Lega Allevatori Bufalini) Raffaele Ambrosca, sottolineando che nessuna mozzarella fuori dal territorio di produzione della Dop potrà mai fregiarsi del marchio di protezione (ma per le varie vicende legate alla “mozzarella campana dop” non è escluso che qualcuno neanche lo voglia quel marchio, ndr).
Nella sua invettiva contro Trotta e la sua azienda, Ambrosca ha affermato che «mi sembra una forma di opportunismo impiantare un caseificio al nord, ma devono comunque fare i conti con una situazione oggettiva. Non avranno mai la Dop. Questo inoltre vuol dire che se continuano a produrre senza il marchio è testimonianza che si vergognano del marchio stesso. Si tratta solo di intenditori di mozzarella che non hanno affatto a cuore le sorti del territorio, del marchio e dell’economia locale».
«C’è un’aggressione in atto da diverso tempo», ha concluso Ambrosca, «ora enfatizzata dal ruolo negativo che hanno giocato la diossina, la brucellosi e l’emergenza rifiuti».
18 gennaio 2010