Vendere, vendere, vendere. È l’imperativo di ogni realtà produttiva e commerciale. Il resto conta poco, si dice, e a volte nulla, anche quando le dissonanze tra il dire e il fare diventano evidenti… come una montagna! Dopo aver utilizzato la buona immagine dell’Asiago d’alpeggio (poco, buono, e tanto faticato) a vantaggio di tanto Asiago industriale e commerciale (prodotto in ben altro modo in pianura), dopo aver sbandierato ai quattro venti una residuale cultura alpina salvata in qualche modo per il rotto della cuffia, quelli dell’Asiago hanno detto “sì” alle profferte economiche di Mc Donald’s, che per la sua ultima creazione (il panino McItaly) cercava un formaggio noto e di prezzo.
Sin qua tutto comprensibile, o quasi. Vista la congiuntura economica, pensare che migliaia di italiani ogni giorno, e per mesi e mesi, addentino un panino con una fetta del tuo formaggio può far piacere a molti, dai produttori coinvolti nell’operazione (per il fatturato), al consorzio (per la promozione) al bravo comunicatore Alberto Pertile (per la logica che l’importante è che se ne parli), che dell’iniziativa ha dato nota, giorni fa, alla stampa.
Quello che più colpisce, e che ci indigna – come consumatori critici e giornalisti poco allineati – è che in questa povera Italia di furbetti e venditori si continuino a produrre beni dissimili tra loro (anche molto dissimili) ma con lo stesso nome. Cosa dovrà pensare se non “lo compro”, chi pur sapendo di qualche differenza, si veda attratto da una fetta di formaggio “noto” (bianchiccio e molle, ma di poco prezzo) nel banco del supermercato?
Curioso è, in questa vicenda, che mentre la notizia indigna noi e qualche consumatore critico e informato (sempre pochi invero), Roberto Gasparini, che del Consorzio di Tutela è il presidente, grida al successo, perché «…l’Asiago Fresco nel panino McItaly» è «un segno dell’evoluzione dei tempi». Le sue parole, pesanti come macigni, non si fermano a manifestare la gioia del momento, bensì si proiettano nel futuro dell’Asiago, nella speranza che questo «sia solo il primo passo per avvicinare i più giovani e i turisti… e magari, un domani, per mettere anche una robusta e saporita porzione di Asiago Stagionato nei Cheeseburger di tutto il mondo». Più che un obiettivo un sogno.
Ma non è tutto, e qui viene il bello: il Consorzio di Tutela, in un comunicato stampa diffuso nei giorni scorsi, ci rammenta che quello dell’Asiago “è stato il primo consorzio ad adottare il sistema di tracciabilità della filiera mediante la numerazione univoca e progressiva di tutta la produzione”.
“Più recentemente”, prosegue la nota stampa, “il Consorzio si è fatto promotore, insieme alla Comunità Montana “Spettabile Reggenza dei 7 Comuni”, della riconoscibilità e della valorizzazione della produzione di formaggio Asiago nelle malghe del comprensorio, come pure dell’introduzione di una menzione aggiuntiva alla denominazione, anche mediante marchio a fuoco, di “Prodotto della Montagna”, per quella parte di Asiago che gode di requisiti quali particolare localizzazione della produzione, luoghi e tempi di stagionatura ed alimentazione delle bovine”.
Cosa dovranno capire, quindi, il giornalista compiacente e il consumatore? Che nei panini Mc Donald’s c’è un formaggio di montagna? Probabilmente sì, anche se non è vero.
Sul “made in Italy” McDonaldizzato, un interessante articolo di Michele Corti sul sito ruralpini.it
2 febbraio 2010