Ci hanno insegnato che il legame di un prodotto di origine zootecnica (salume, formaggio, etc) col territorio è importante per la sua autenticità e la sua valorizzazione. E che per ottenerlo non si può prescindere dall’alimentazione locale . Meglio nutrire un animale da latte con fieni e pascolo piuttosto che con mangime (di cui spesso non si conoscono né le esatte composizioni né la salubrità per via di residui chimici, patogeni, sporigeni, etc.), certo! Ma c’è un “se” e c’è un “ma” che condizionano questa fondante teoria, ed è che i territori in cui si trovano i pascoli e i prati da sfalcio siano tutelati dalla presenza di sorgenti inquinanti locali.
In altre parole, laddove l’economia è largamente agricola gli enti locali dovrebbero attuare una politica assai scrupolosa nei confronti dei nuovi insediamenti produttivi industriali e artigianali, e del loro impatto ambientale. Figuriamoci ad autorizzare un inceneritore o una discarica senza aver garantito delle certezze agli allevatori, ai coltivatori, ai consumatori.
Tutto questo per introdurre il progetto di una mega-inceneritore (ipocritamente chiamato “termovalorizzatore”) ad Ugozzolo, 4 chilometri dal centro di Parma, in piena area agricola, in una delle aree in cui agricoltura e zootecnia hanno da sempre puntato a fare qualità, innanzitutto con la filiera del Parmigiano-Reggiano. In sostanza, un inceneritore contro cui da tempo si battono comitati civici, ambientalisti, allevatori e agricoltori, che con l’approssimarsi della sua realizzazione fanno registrare un nuovo innalzamento dei toni, e le giuste recriminazioni che puntano ad ottenere una permanente presenza di una rappresentanza di base negli organismi di controllo dell’impianto.
Se da una parte gli amministratori locali si dichiarano possibilisti e collaborativi, dall’altra cresce il malcontento, anche e soprattutto quello delle rappresentanze agricole – Coldiretti e Cia in testa – che lamentano di non essere state ancora coinvolte fattivamente a protezione di quelle realtà produttive come il pomodoro e l’erba medica di cui la zona è ricca.
In attesa che la provincia accolga le molte istanze sin qui ricevute, l’idea che una nuova ombra cali sull’immagine del “re” dei formaggi è l’unica certezza che mestamente si va radicando tra la gente.
28 aprile 2010