
Dopo un anno o poco più, ecco di nuovo il tormentone del burro francese a Montecitorio. Ancora una volta è la Lega Nord ad alzare la voce contro quella che è ritenuta – da loro ma non da tutti – un’inaccettabile affronto al “made in Italy” alimentare.
Per quanto nella sua piccolezza, la vicenda ha prodotto un certo scalpore, tant’è che ancora una volta alcuni tra i maggiori quotidiani italiani hanno deciso di darle spazio. In sostanza, parrebbe che – dopo la sua precedente polemica esclusione dell’anno scorso – il prodotto francese sia rientrato alla Camera dei Deputati per qualche distrazione degli addetti agli acquisti.
Accortisi del fatto e per nulla interessati a conoscerne sostanza e differenze (“burro è burro”, pare sentirli dire, ma così sappiamo che non è, con l’Italia che su questo fronte davvero non brilla, ndr), i rappresentanti del Carroccio, hanno avviato ricerche interne per individuare i responsabili e ancor prima di capire cosa sia avvenuto, hanno ritenuto opportuno dare fiato di nuovo a trombe peraltro già suonate (attività, quella mediatica, in cui questo governo pare eccellere, ndr).
Ci si chieda però, se davvero la Lega Nord ora sia più interessata ad uno spot del genere che a sostenere realmente la produzione lattiero-casearia nazionale (quote latte, prezzo alla stalla sotto i 33 centesimi, migliaia di allevatori che chiudono i battenti). La colpevole assenza della politica nel mantenere in piedi un modello agricolo sostenibile ed efficiente è questione a nostro avviso ben più grave di questo vuoto nazionalismo, ostile e rancoroso.
In ogni caso, sistemata la vicenda del burro in uso ai nostri ministri, speriamo che gli stessi si preoccupino di altre vicende più concrete.
Qualche idea? Mettere un freno alla caduta dei prezzi agricoli, offrire incentivi concreti alle produzioni di qualità, sostenere la professionalità del lavoro agricolo, garantire l’accesso al credito agevolato. Non basta uno spot per salvare il nostro patrimonio agricolo e alimentare: la qualità è fatta di persone e sapienza, e deve essere remunerata il giusto. Quantomeno per vivere con dignità.
11 giugno 2010