“La Commissione agricoltura della Camera vara definitivamente all’unanimità in sede legislativa il ddl sull’etichettatura che rende obbligatoria l’indicazione dell’origine sui prodotti alimentari. Le categorie degli agricoltori salutano con soddisfazione il varo del ddl sull’etichettatura obbligatoria d’origine per i prodotti alimentari, sottolineando che difenderà il vero made in Italy dalle contraffazioni.” Così l’Ansa, e la gran parte delle agenzie di stampa italiane rilanciavano, tre giorni fa, la notizia sul nuovo decreto legge in materia di etichettatura, che a detta degli estensori difenderebbe produttori e consumatori del nostro Paese.
All’unico dubbio mossole pubblicamente, e non solo dall’opposizione (che l’Ue respinga la sua attuazione, comminando all’Italia una procedura d’infrazione) va aggiunto il ben più grave fatto – più che un dubbio una certezza – che ancora una volta si stia preparando l’ennesima beffa ai danni di consumatori e produttori, a vantaggio unico dell’industria, che le leggi pare se le faccia creare a suo uso e consumo dalla politica.
E così, mentre l’Adiconsum grida al successo epocale, a metterci nella giusta allarme ci pensa Confagricoltura, che in un suo tempestivo comunicato stampa chiede giustamente “maggiore chiarezza sui possibili effetti del provvedimento quanto al concetto di prevalenza della materia prima, la cui definizione è pure demandata ai successivi decreti”. “Un elemento che”, sottolinea il sindacato agricolo, “paradossalmente, potrebbe, a certe condizioni, aumentare la confusione del consumatore anziché diminuirla”.
La sostanza è che dietro a quel termine – prevalente (l’italiano non è un’opinione, ndr) – si nasconde né più né meno di quel che è stato precisato al Velino.it dal direttore economico di quell’organizzazione agricola, Franco Postorino: «…la percentuale potrebbe essere del 51% nella migliore delle ipotesi, molto meno nella peggiore».
Vale a dire che, così stando le cose, se un’industria nazionale, un domani volesse produrre un bel formaggio e sbandierarne fiera il tricolore, basterebbe far leva sul numero dei Paesi da cui i latti utilizzati provengono. Facile così abbassare la percentuale di materia prima italiana (34% per una miscela di tre latti da tre diversi Paesi; 26% con quattro latti, 21% con cinque…) e stare nei giochi che questa legge ha creato.
A chi cerchi poi informazioni più precise sull’attuazione della legge, va la bella sorpresa (si fa per dire) che al di là del titolo e di poche righe di testo, il ddl è ancora privo di contenuti attuativi certi e dettagliati. Per rendersene conto basta consultare la rivista telematica del MiPAAF “Agricoltura Italiana On Line” e leggerne gli scarni allegati.
Dietro ad un’informazione che non informa, il lettore farà bene a porsi qualche legittimo dubbio.
21 gennaio 2011