
Non lo sanno. Se lo sanno non ce lo dicono. E se ce lo dicono non ci dicono il vero. È quanto ci viene da pensare leggendo che i ricercatori francesi dell’Irsn (Istituto di radioprotezione e sicurezza nucleare) “hanno rintracciato quantitativi pur minimi di iodio 131 nell’acqua, nell’aria e nel latte di vacca”, derivanti dal ben noto e recente disastro delle centrali nucleari giapponesi. Lo spiega una nota emanata ieri dal Ministero della Sanità francese, specificando che il problema è stato individuato nell’Estone, nei pressi di Parigi (0,09 becquerel di iodio 131 per litro di latte), e più a ovest, in Vandea (0,15 becquerel per litro).
Bene. Anzi, male. Perché il primo pensiero che possa venire a un lettore italiano con un minimo di sensibilità per questioni ambientali e salutistiche è che – vista la breve distanza tra il nostro Paese e il Paese d’Oltralpe, la questione non possa non toccare anche il nostro territorio, i nostri consumi e la nostra salute.
Però in Italia nulla si dice, probabilmente con l’ottuso intento di non far sapere per non generare il panico nella cittadinanza. Come se non fosse prevedibile che, se non oggi, domani, un’avvisaglia potrà arrivare da uno Stato limitrofo, e generare quindi, oltre a qualche comprensibile preoccupazione, anche dei legittimi dubbi: perché ce lo stanno nascondendo? cosa fare per ridurre i rischi – seppur minimi – a cui saremmo esposti?
Domande a cui un governo avrebbe l’obbligo morale e civile di dare una risposta, e non di “dimenticarsi”, ancora una volta e colpevolmente, degli interessi e dei diritti dei propri cittadini, o come qualcuno direbbe, oramai, dei propri sudditi.
8 aprile 2011
Mentre chiudiamo questo numero del nostro settimanale, un dispaccio dell’agenzia Asca rilancia la notizia – trascurata dai grandi media – secondo cui i valori di iodio 131 e di cesio 137 si sarebbero innalzati, seppur minimamente, anche nel nostro Paese. Chi voglia saperne di più può farlo cliccando qui.