Vacche fantasma: i Cospa rivogliono i loro soldi

A meno di una settimana dalla truffa legata ai nomi dell’Agea (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) e dell’Izs (Istituto Zooprofilattico Sperimentale d’Abruzzo e Molise) di Teramo sulle 300mila vacche “inventate” dal nulla, al fine di gonfiare i dati sulla produzione di latte in Italia, arrivano le prime ripercussioni, che rischiano di portare un contraccolpo non di poco conto alle casse dello stesso Stato .

Gli allevatori aderenti ai Cospa Nord Italia, giunti a conoscenza della vicenda, si sono riuniti, giorni fa nel bresciano, facendo il punto sulla situazione e discutendo sul da farsi, sino a giungere alla determinazione di un’azione tesa a riscattare quanto subìto.

Parole pesanti come macigni, le loro, che lasciano presagire la fondatezza delle rivendicazioni in atto: “vogliamo indietro milioni di euro di multe pagate”, tuonano gli allevatori, “e l’annullamento di quelle da pagare”. “Perché l’Italia”, proseguono all’unisono, “senza quel 10% di finte quote, non avrebbe mai superato il tetto imposto dalla Ue” (110milioni di quintali l’anno, ndr).

Durante l’assemblea gli allevatori dei Cospa hanno ripercorso i passaggi fondanti di una vicenda che oggi appare grottesca: dalla verifica del 2009 attuata dagli uomini di Zaia sullo storico delle quote latte sino alle indagini dei carabinieri dei Nac, che di recente hanno fatto emergere le incongruenze sospette tra le varie banche dati.

Il comunicato stampa dei Cospa chiude con parole che suonano pesanti come un macigno, raccontando di “migliaia di aziende agricole che nella banca dati nazionale detenuta dall’Izs di Teramo risultano prive dell’autorizzazione alla produzione di latte, il che comporterebbe che il latte prodotto da queste aziende non dovrebbe essere commercializzato per l’alimentazione umana”.

Lo scenario di una situazione tanto annosa quanto difficile si complica inaspettatamente, lasciando presagire scenari futuri di qualche importanza e “vivacità”. Uno sviluppo della vicenda di fronte al quale andranno riscritte cronache passate e recenti, tra cui, buon ultima, la doppia deroga a favore degli splafonatori più “incalliti”, che – a detta di molti – probabilmente sapevano qualcosa – o più di qualcosa – di questa sordida vicenda.

Una domanda, infine, ci sovviene, pressante: le aziende che, anche a seguito delle multe, hanno chiuso i battenti, chi le risarcirà mai? Chi permetterà loro di tornare ad operare, e a garantire posti di lavoro, in questa bistrattata zootecnia italiana?

8 aprile 2011