L’ipocrisia dei vegani sulla barbarie delle mucche a terra

Edoardo Stoppa di Striscia la Notizia intervista il direttore del Servizio Sanità Animale e Igiene dell'Ulss 20 di VeronaTorna alla ribalta della cronaca l’annosa problematica delle cosiddette “mucche a terra”, e ancora una volta grazie alla trasmissione “Striscia la Notizia” di Canale 5 e ai servizi del suo inviato Edoardo Stoppa. Come già denunciato da noi nel marzo del 2009, la pratica illegale prosegue, tanto al nord quanto al sud del nostro Paese, legando la propria tragica quotidianità agli allevamenti intensivi da latte, in cui l’industrializzazione della zootecnia ha portato all’esasperazione di ogni pratica. Dalla genetica spinta all’alimentazione, nelle stalle-lager ogni scelta è compiuta col solo obiettivo di massimizzare le rese latte, operando spesso sul ed oltre il confine della legalità, senza alcuna considerazione per quell’etica e quella morale che in ogni moderna azienda zootecnica dovrebbero essere alla base del lavoro.

Non chiamiamoli più imprenditori ma criminali, e sentiamoci tutti un po’ responsabili nel momento in cui andiamo a bere un cappuccino al bar o prepariamo la colazione ai nostri figli. Ipocrita sarebbe non sottolineare infatti che molti degli allevamenti responsabili di tali barbarie sono più la norma che l’eccezione nei Paesi cosiddetti “evoluti”, e che inevitabilmente è assai improbabile che l’industria del latte alimentare non attinga la materia prima anche dalle stesse aziende in cui queste vessazioni sugli animali quotidianamente avvengono.

Animali che non per nulla sono definiti da tempo “macchine da latte”: né più né meno quel che sono per i loro proprietari, che li vedono come numeri e non come esseri senzienti, fonte di reddito e in quanto tali obbligati, in quella logica perversa, a produrre il più possibile. Sino a crollare spesso a terra, dopo appena tre o quattro anni di vita, alla fine della loro misera carriera produttiva.

Per ognuno di essi, quando la curva della produttività incrocia verso il basso quella del reddito, il destino è segnato, e ha il nome del mattatoio comunale di zona, in cui tanto le bestie ancora in grado di deambulare quanto quelle “a terra” vengono condotte su camion. E per quelle che non ce la fanno a salirci con le proprie zampe, ci sono verricelli, pale meccaniche, pungoli di ferro, a volte persino elettrificati.

Dai recenti servizi della trasmissione condotta da Ezio Greggio ed Enzo Iacchetti emergono con virulenza le pratiche illegali, mal celate da operatori senza scrupoli, avallate da veterinari conniventi e perpetrate con la sfrontatezza di chi si è assuefatto alla logica dell’illegalità. Solo grazie all’interessamento dell’inviato di “Striscia”, come dimostrato dal video, è stato possibile l’intervento di una Usl pubblica che ha constatato negli animali trasportati “fratture del bacino e degli arti”, “presenza di antibiotici” (in carni destinate al consumo umano) e, in uno dei capi intercettati, “tessuti necrotici” di ampiezza pari ad un metro.

La situazione è grave ed ancor più grave di quella emersa nella primavera di due anni fa, in quanto appare evidente che da allora nessun provvedimento è stato preso per contrastare il fenomeno illegale. Ma è ancor più riprovevole che in una vicenda come questa emergano fronti di dissenso che sparano all’impazzata pur di sparare, come certi vegani che non perdono occasione per esibirsi nelle loro ipocrite boutade. Tra questi si distingue, e non è la prima volta, la demagogia animalista del sito web VegFacile.info, che in un articolo a firma Marina Berati giunge ad affermare il falso: “Questa è la normalità in tutti gli allevamenti”, scrive la Berati, “nessuno escluso. Le mucche ‘da latte’ non sopravvivono a lungo, dunque. Erano 5-6 anni, una volta, ormai sono diventati 2-3 anni, poi sono ‘da buttare’. Ma se anche la tendenza venisse invertita, e si producesse molto di meno, in modo da non ‘consumare’ le mucche, credete che sia possibile ottenere del latte ‘senza crudeltà’… …per la loro durata di vita naturale, 20-30-40 anni, e in condizioni di non sofferenza?”

La questione è posta in modo partigiano, paradossale e ascientifico, accomunando gli allevamenti intensivi – senz’altro da condannare – a quelli estensivi, in cui le vacche, come le pecore, le capre, le bufale vivono una vita senza stress e nel pieno benessere animale, giungendo a fine carriera al temine della naturale lattazione. Animali che nascono per darci latte (e che senza una realtà agrozootecnica e una richiesta di latte, formaggio e carni neanche verrebbero concepiti), e che nella logica di una corretta economia rurale e agricola non muoiono di vecchiaia, certo, risparmiandosi così – buon per loro! – gli anni più penosi e faticosi della propria esistenza.

Un articolo, quello di VegFacile.info, che raggiunge il ridicolo, quando parla di vacche che camperebbero “20-30-40 anni”, dimostrando l’incompetenza dell’autrice per la materia. Ma dopotutto c’è da comprenderlo: il vegano in genere conosce al più i propri gatti e i propri cani, anzi, un consiglio a voi che vegani non siete: se mai vi capitasse di discutere di latte o formaggio con uno di essi non chiedetegli come nutra i suoi amici a quattro zampe. Rischiereste di vederlo arrossire in un istante.

25 novembre 2011

Un altro video di Striscia la Notizia sul tema delle “mucche a terra”