Sono di razza sarda – la più diffusa nelle campagne romane – le dieci pecore che dalla scorsa settimana hanno trovato casa nell’azienda agricola del carcere femminile di Rebibbia, nella capitale. Il piccolo gregge è stato consegnato alle ospiti della casa circondariale dall’assessore all’ambiente, Marco Visconti, dal garante dei detenuti di Roma, Filippo Pegorari, e dal delegato del sindaco alla salute degli animali, Federico Coccia.
Nella piccola azienda agricola di Rebibbia – due ettari all’interno della struttura di detenzione – vengono da tempo allevati polli, galline ovaiole, conigli e tacchini e coltivati biologicamente verdure e ortaggi e un’ampia selezione di piante aromatiche.
«Il progetto», ha dichiarato l’assessore Visconti, «fa parte di un più ampio programma di agricoltura sociale promosso dalle aziende agricole capitoline, che si propone di migliorare le condizioni di vita delle detenute e di favorire il processo d’integrazione di persone svantaggiate». «Il latte prodotto dalle pecore», ha precisato Visconti, «sarà utilizzato per la produzione di una linea di formaggi e, se la sperimentazione funzionerà, porteremo altri esemplari nella fattoria del carcere».
Dal canto suo, il garante dei detenuti Filippo Pegorari, ha sottolineato che «si tratta di un progetto importante perché, oltre ad aumentare le competenze professionali delle ospiti della struttura carceraria, favorisce il recupero del gap affettivo che aggrava ulteriormente le condizioni di vita delle detenute. Abbiamo verificato, infatti, che alla presenza di animali corrisponde una forte diminuzione degli atti di autolesionismo».
L’iniziativa ripropone uno dei valori distintivi nella zootecnia estensiva, che a differenza di quella intensiva non vede gli animali vittime di meccanismi unicamente produttivi, considerando ogni capo per quello che è: un essere vivente e senziente e non un numero.
16 dicembre 2011