Parmigiano: è polemica su biomasse e rischio clostridi

«C’è un’incompatibilità fra la produzione di Parmigiano-Reggiano e le centrali a biomasse». Lo ha affermato con forte determinazione alcuni giorni fa Giovanni Favia, consigliere regionale in Emilia-Romagna per il Movimento 5 Stelle. «Lo spargimento del digestato sui terreni contamina la terra e la vegetazione con le spore dei clostridi. I clostridi interferiscono con il processo di fermentazione del Parmigiano-Reggiano tant’è che nelle linee guida regionali per la collocazione di impianti a biomasse, approvate lo scorso luglio, è fatto specifico divieto di insediarli nelle zone di provenienza del famoso formaggio».

«C’è però una contraddizione», secondo Favia «visto che ad alcune stalle che forniscono il latte per il Parmigiano viene fornito foraggio coltivato nella zona di Medicina, in provincia di Bologna, dove sono attivi degli impianti a biomasse di dimensioni rilevanti, ai quali se ne aggiungeranno altri per cui sono in corso le procedure di autorizzazione». Il controsenso è rilevante, secondo l’esponente del movimento vicino a Beppe Grillo, «perché i clostridi sono persistenti sul foraggio. Quindi ci chiediamo che senso abbia vietare gli impianti a biomasse nella zona del Parmigiano-Reggiano se poi l’alimentazione per le bovine viene importata da altre zone in cui sono presenti gli impianti a biomasse».

A detta di Favia, non è dato sapere se «la Regione sia a conoscenza di questo, e per questo abbiamo presentato un’articolata interrogazione» in consiglio regionale, «in quanto questa contraddizione mette a rischio una produzione di qualità che ci rende famosi nel mondo».

Secondo il consigliere regionale «è già accaduto che in alcuni casi i clostridi abbiano interferito con la fermentazione delle forme, creando anidride carbonica all’interno delle stesse e portando al loro “scoppio”. Una situazione da evitare anche perché alcune fonti scientifiche ritengono i clostridi assai pericolosi anche per l’uomo».

Nelle ultime ore l’assessore regionale all’agricoltura Tiberio Rabboni ha replicato all’esponente dei “grillini” affidando all’Ansa le proprie dichiarazioni. «Allo stato attuale delle conoscenze», ha esordito Rabboni a proposito dei clostridi, «non sono noti casi di patologie riconducibili a queste specie batteriche associate all’ingestione di Parmigiano-Reggiano».

«Il genere clostridium», ha cercato di spiegare l’assessore emiliano, «comprende numerose specie di batteri largamente diffuse in tutti gli ambienti. Alcune di esse presentano caratteristiche “anticasearie” in quanto sono in grado di provocare “gonfiori tardivi” ai formaggi a pasta dura». «Viene però pienamente rispettato», ha aggiunto Rabboni, «il disciplinare approvato dall’Unione europea il 29 agosto 2011, prevedendo che ”il 75% del foraggio utilizzato per l’alimentazione delle bovine deve essere prodotto all’interno del comprensorio della Dop».

Va da sé che un rimanente massimo pari al 25% possa provenire dall’esterno del comprensorio di produzione. Tale quantità, ha affermato Rabboni, «è ritenuta compatibile con la presenza di clostridi agenti del gonfiore». Questa frazione «può essere in ogni caso reperita a livello nazionale e internazionale, cioè in territori sui quali la Regione Emilia-Romagna non ha alcuna potestà di intervento». «Il consorzio di tutela», ha infine precisato l’assessore, «sta valutando l’opportunità di istituire un elenco di fornitori di foraggi analogo a quello già previsto per i produttori di mangimi».

20 gennaio 2012

Leggi qui l’interrogazione del 12 gennaio scorso al Consiglio Regionale (a firma Giovanni Favia)