“Vergogna! Vergognaaa!!!”. Umberto Bossi ha ancora in mente le grida dei suoi parlamentari rivolti al ministro Pietro Giarda mentre questi poneva in aula la questione di fiducia sul decreto “svuota carceri”. Ed eccolo poche ore dopo entrare a Palazzo Chigi per incontrare Mario Monti e “trovare la quadra”, giovedì scorso, sull’impugnazione dello statuto del Veneto da parte del Governo.
Il “Senatur” all’appuntamento col Presidente del Consiglio non c’è andato da solo, e non per caso s’è fatto accompagnare dal governatore veneto Luca Zaia: sul tavolo la questione centrale è lo statuto regionale, ma è evidente che l’incontro rappresenta un’occasione per avviare un dialogo fino ad ora mai partito. Va bene criticare il Governo (e infatti non c’é giorno in cui in Parlamento dai banchi della Lega non partano emendamenti ed improperi nei confronti dell’esecutivo) ma non si può neanche andare allo sbaraglio, pare dire Bossi, sacrificando gli interessi delle Regioni e delle amministrazioni a guida leghista. Meno che mai ora che lo strappo con il Pdl appare irricucibile.
Il Carroccio rischia e teme di rimanere isolato. E le difficoltà potrebbero aumentare se si concretizzasse quell’asse Pdl-Pd sulla legge elettorale che mira proprio ad isolare le ali del panorama parlamentare: Lega e Idv in primis. La Lega deve avere un minimo di sponda con il Governo. E allora, grazie anche al “pretesto” delle quote latte, di cui Zaia assicura “si è trattato con Monti”, e sprezzanti dell’attacco dei pescatori veneti (imbestialiti contro i vertici di un partito che a loro dire penserebbe solo agli allevatori; sic!) i due leader della Lega Nord sono alla fine giunti a più miti consigli sullo “Statuto Veneto” che fino all’anno scorso veniva sbandierato come il primo passo verso l’autonomia regionale.
«Il Veneto come la Catalogna», dicevano allora i leghisi. Ora Zaia e Bossi hanno accettato di rivedere la norma sulla “autonomia finanziaria” in base alla quale l’esecutivo aveva impugnato l’intero statuto. «Tutto è bene ciò che finisce bene», è il commento di Zaia al termine dell’incontro con Monti. Bossi, invece, non risponde e dice ai giornalisti di leggersi le agenzie stampa.
Ancora qualche ora ed è infatti la presidenza del Consiglio a rendere noto l’accordo: la norma sulla autonomia finanziaria, dice la velina del Palazzo, “verrà cambiata in occasione della prima revisione utile dello Statuto”. Perciò, “il Consiglio dei Ministri del 14 febbraio prenderà atto degli impegni assunti e non si darà corso al contenzioso”.
“Resta ferma” – conclude la nota – “l’impugnazione della legge elettorale” regionale sul numero dei consiglieri eleggibili. Il primo tentativo di aprire un dialogo con il governo sembra ottenere qualche effetto ma è difficile immaginare che la Lega abbandoni la strategia parlamentare dell’opposizione “dura e pura”.
Le amministrative si avvicinano ed i ‘lumbard’ sperano di recuperare i voti degli scontenti: stare all’opposizione, soprattutto quando il governo adotta misure impopolari, alla fine rende in termini elettorali. Nel Carroccio, infatti, non si dà peso ai sondaggi che vedono la popolarità di Monti e del suo esecutivo oltre il 50% tra gli stessi elettori leghisti, probabilmente in crescita per l’inevitabile scontento di molti allevatori, sedotti e abbandonati. Con grande gaudio del ministro Catania, che in tempo di scandali emergenti non ha mai visto così tanti occhi puntati su di lui più per il suo lungo operato di funzionario ministeriale che per il breve mandato ricoperto si qui nel Governo Monti al vertice del dicastero agricolo.
11 febbraio 2012