I taroccatori sono avvisati: nell’Ue si paga pegno (fuori no)

Il Rosemary & Olive Oil Asiago della Sartori Company di Plymouth, nel Wisconsin (foto Alberto Pertile)Di formaggi che in giro per il mondo si chiamano Asiago ce n’è a decine, purtroppo, e manco a dire che somiglino un po’ al vero Asiago, Dop tra i più venduti d’Italia. Il fenomeno del cosiddetto “italian sounding” preoccupa per quel po’ di vendite di cui si appropria meschinamente qua e là nel mondo (nel complesso sono volumi che possono arrivare a fatturati importanti, ndr) in barba alla notorietà e soprattutto alla proprietà di chi di quel nome è depositario a pieno titolo.

Il Rosemary & Olive Oil Asiago della Sartori Company di Plymouth, nel Wisconsin (foto Alberto Pertile)Ma finché questi signori se ne stanno fuori dall’Europa “unita” (la protezione Dop, Igp, Stg e Bio vale solo nell’ambito Ue) continueranno a farla franca. Chi invece tra di essi pensasse di venire a farcela sotto il naso, da giovedì scorso ha di che riflettere sull’opportunità di una mossa del genere: il Tribunale di Colonia ha infatti condannato la Sartori Company di Plymouth, nel Wisconsin, per aver esposto e promosso la vendita in Europa del “Rosemary & Olive Oil Asiago“, esposto nello stand dell’azienda durante l’ultima edizione della fiera Anuga, svoltasi nella città tedesca dall’8 al 12 ottobre scorsi.

Il tribunale tedesco ha infatti condannato l’azienda Usa al pagamento integrale di ogni spesa legale, da quelle giudiziarie agli onorari degli avvocati, alle spese del sequestro che era scattato dopo la pronta denuncia, non appena la fiera aveva aperto i battenti, da parte del Consorzio di tutela dell’Asiago.

Al di là del risultato ottenuto a seguito di quell’episodio, la condanna ha un valore di qualche utilità per ogni altra Dop, italiana o non che sia, ai fini della difesa del prodotto dalla contraffazione nell’àmbito comunitario. Un peccato che la normativa europea, assai mal congegnata in origine, non sia riuscita a valicare i confini dell’Ue, per la forte e reiterata opposizione ricevuta negli ultimi anni in sede Wto dalle lobby statunitensi e australiane. Ed è un peccato anche che un tale strumento abbia un’efficacia pari a zero su tutte le transazioni che, avvenendo sul web, attraverso l’e-commerce, sfuggono facilmente ai modesti controlli operati tanto in Italia quanto negli altri Paesi Ue.

17 marzo 2012