Caseificio di Fiavè: idee in libertà per un difficile rilancio

Rotoballe fasciate, insilate – foto Michele Corti®

17 dicembre 2008 – Come può un caseificio che annega nei debiti (48 milioni di Euro, ndr) uscir fuori da una situazione disastrosa? Semplice: con un nuovo e brillante super-direttore che riesca a ridurre le super-uscite, ad accrescere le scarse-entrate, a massimizzare i profitti che non ci sono. E a presentare al mercato una facciata credibile ai più. Ma non a tutti.

È quanto emerge dall’intervista rilasciata al quotidiano Il Trentino (pubblicata oggi sotto il titolo “Un piano per dare valore al latte del Trentino”) dal nuovo numero uno del Caseificio di Fiavè, Sergio Paoli, che dal 2000 conduce la Cooperativa Latte Trento, e che di recente ha rilevato la poltrona che sino ai primi del 2008 fu di Giorgio Gosetti.

Tra le affermazioni dell’esperto uomo del latte trentino, ne brilla una di estrema attualità, che a dir poco lascia però allibiti per l’estrema fantasia che la sostiene, ovvero per l’impraticabilità dell’idea: «Sarebbe bello», afferma Paoli, «ora con la nuova normativa che impone la bollitura del latte distribuito con le apparecchiature automatiche, realizzare il servizio come caseificio. Potremmo garantire una pastorizzazione minima a 72 gradi e, mentre andiamo nelle valli con la cisterna per raccogliere il latte fresco, con un’altra cisterna sul medesimo camion, potremmo rifornire i distributori automatici. Senza costi aggiuntivi, assicurando la “filiera corta” del prodotto».

Un latte pastorizzato con cui riempire bottiglie non sterili, quindi? Il dubbio ci assale e andiamo a verificarlo con l’aiuto di due esperti in materia: il coordinatore dell’agenzia di servizi per l’agricoltura Bevilatte di Brescia, Fausto Cavalli, e il professor Michele Corti, docente di Zootecnia Alpina all’Università degli Studi di Milano.

Illuminanti le dichiarazioni raccolte: «non mi risulta», spiega Cavalli, che «sia legalmente possibile vendere latte pastorizzato sfuso, in quanto alla pastorizzazione deve seguire l’immediato confezionamento; la spiegazione è che il latte pastorizzato sarebbe pericoloso per il consumo, se messo in una bottiglia non sterile (quella del consumatore), in quanto sarebbe facile preda di una proliferazione batterica senza il contrasto che possono opporre i batteri lattici presenti nel latte crudo».

Della stessa opinione il professor Corti, che aggiunge: «il latte pastorizzato non può essere venduto sfuso. Dal momento che è pastorizzato, a contatto di contenitori non sterili e in assenza di una carica microbica normale in grado di contrastare eventuali microbi “fetenti”, sarebbe una vera bomba».

Venendo alle strategie per il rilancio del caseificio da lui diretto, Paoli ne anticipa alcune che aprono uno squarcio lampante nell’oscuro futuro che lo attende:

Interpellato sulla (scarsa) remunerazione del latte ai soci, il neodirettore svela al Trentino i suoi piani: «Dobbiamo assicurare ai nostri prodotti un valore che ripaghi la vita dura degli allevatori. Essi fanno un grande servizio per la custodia del territorio e assicurano le condizioni ideali per sostenere il turismo.

Ma il latte trentino ed i suoi derivati soffrono di una carenza d’immagine, quella che abbiamo non rispecchia senz’altro il valore. Perciò faccio appello all’Istituto Agrario di San Michele. A questo centro d’eccellenza chiediamo di studiare i profumi e gli aromi del nostro latte per suggerirci un formaggio che possa essere prodotto in tutti i caseifici e che possa l’immagine della qualità del Trentino. Un prodotto unico, che tutti ci possano invidiare» (la globalizzazione di una tipicità fondata su realtà completamente diverse, e alcune legate alla zootecnia intensiva, ndr). «Solo in questo modo», prosegue sicuro del fatto suo Paoli, «potremo assicurare ai soci un prezzo adeguato per il latte, non come oggi, che si coprono a mala pena le spese».

Tra i prodotti su cui il caseificio punterà, spiccano «il Grana trentino, la Spressa e… la Mozzarella» del Trentino, che, come si sa, «è un ottimo prodotto e lo miglioreremo ulteriormente. A livello nazionale i nostri formaggi sono fra i più apprezzati».

Auguri.

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Al salvataggio del caseificio trentino, il quotidiano L’Adige ha dedicato l’articolo “Ipotesi Cooperfidi per il Caseificio”, pubblicato il 6 dicembre scorso. Per scaricarlo in formato pdf, clicca qui