Non è per noi una novità, né lo è per i nostri lettori, ma il fatto nuovo è che sulle tematiche di denuncia a noi più care (industrializzazione delle attività agricole e zootecniche; ingresso negli ultimi cinquant’anni nell’agrobusiness di speculatori estranei al mondo agricolo) è adesso disponibile in libreria un bel volume scritto dall’agronomo-ambientalista Davide Ciccarese, e pubblicato per i tipi di Ponte alle Grazie con il titolo di “Libro nero dell’agricoltura”.
Vi viene raccontato senza censure e senza ambiguità di un mondo solo originariamente naturale, mortificato dalle logiche dell’economia di scala, dal profitto che oltraggia, violenta e avvelena, dall’operato criminoso di chi pur di arricchirsi (alle spalle della collettività) devasta l’ambiente, mortifica degli esseri viventi (gli animali da reddito) e mette in ginocchio la natura, arrecando infine problemi di salute ai consumatori che – paradosso dei paradossi – si ammalano nutrendosi.
Un mondo fatto di serre, coltivazioni intensive, agrofarmaci, che avvelena la nostra salute e l’ambiente: basti pensare che molte delle sostanze utilizzate finiscono direttamente nei nostri piatti, o nell’acqua che beviamo, “mentre i prodotti coltivati in serra, di fatto, sono meno ricchi di vitamine e minerali”.
La salute dei consumatori è messa a rischio dal massiccio uso di agrofarmaci (pesticidi, concimi, etc): «i nitrati usati come concimi», ha dichiarato l’autore in una intervista rilasciata all’Ansa giorni fa, «sono cancerogeni sopra determinate dosi». Ebbene, il rischio non è remoto se pensiamo che «le piante coltivate in serra sono concimate con soluzioni liquide che abbondano di azoto. Per di più se le piante non ricevono luce adeguata – come in serra – accumulano molti nitrati nelle foglie».
Altre sostanze poi vengono aggiunte (per esempio conservanti) a frutta e verdura lungo la filiera che porta i prodotti sul mercato. Quindi noi consumatori assorbiamo nitrati da diverse fonti: almeno il 37% della frutta e verdura che mangiamo presenta sostanze chimiche e da studi Usa emerge che dei circa 300 agrofarmaci in uso (che spesso finiscono dispersi in ambiente, acqua, aria e frutta e verdura) oltre cinquanta sono cancerogeni e interferiscono col sistema endocrino.
E al rischio potenziale delle sostanze nocive, si aggiungono carenze di sali minerali, vitamine e altri elementi nutritivi che le piante in serra non riescono a generare a causa della crescita veloce, della scarsa disponibilità di luce e di tutti i microelementi che offre un terreno di coltura normale.
Infine, oltre alla salute dei consumatori, anche quella della stessa Terra è messa in pericolo dall’agricoltura e dalla zootecnia industriali: «nel mondo il 25% delle terre emerse risulta eroso gravemente (il 30% in Italia), la terra coltivabile nel 1970 disponibile era di 0,38 ettari pro-capite, di 0,23 nel 2000, è la proiezione per il 2050 e di 0,15». E il peggio è che buona parte di quel poco che rimane da coltivare sia destinato alle monocolture asservite proprio al mondo degli allevamenti intensivi.
Il libro di Ciccarese non perde l’occasione di interrogarsi sul senso di allevamenti condotti senza alcun legame con la terra e con l’ambiente: enormi capannoni di cemento con le sembianze di grandi fabbriche, in cui gli animali vivono una vita di segregazione, del tutto innaturale, destinata a darci nella loro crescita forzata e nelle produzione smisurate carni e latti che spesso portano sulle nostre tavole un'”alta qualità” solo ipotetica.
Infine, da seguire, l’intervista che l’autore ha rilasciato al portale virgilio.it (raggiungibile da qui) e incentrata sui temi del lavoro nero, della (in)sicurezza e delle pratiche umanamente insostenibili a cui i lavoratori del settore agro-zootecnico sono spesso costretti ad operare.
Per chi non trovasse il volume in libreria o per chi non volesse rimandarne l’acquisto (268 pagg.; 11,90€ anziché 15,00€ il cartaceo, oppure a 9,99€ la versione e-book), lo si può comperare on-line dal sito di Giangiacomo Feltrinelli Editore, semplicemente cliccando qui.
2 giugno 2012