“Latte vero”, “vacche felici”, “qualità del prodotto” e “benessere animale” a gogo: sono questi i quattro tasti su cui ha insistito la campagna mediatica che ha sostenuto dalla metà di novembre il lancio di un’iniziativa denominata “Stalle aperte”, tesa a promuovere il rilancio del latte alimentare e articolatasi nella giornata di ieri all’interno di undici aziende laziali aderenti al progetto “Filiera Latte Lazio”.
La progressiva flessione delle vendite, la pessima fama che da anni investe un intero comparto, a causa delle campagne di dissuasione operate da molti animalisti ideologicizzati, la confusione sempre più strisciante che circola tra i consumatori a causa della inadeguatezza dei mezzi di informazione generalisti (il latte fa bene? il latte fa male?) sono alcuni dei motivi che di tanto in tanto innescano iniziative di riavvicinamento del pubblico, come questa.
In larga parte risultano non troppo veritieri e fuorvianti i concetti lanciati dai media per l’occasione: Affari Italiani ad esempio titolava “Ecco come si fa il latte vero”, mentre Roma Today e FanPage parlavano di “latte, uno degli alimenti naturali più nobili e completi”, di “qualità del prodotto e benessere animale”, ma anche di stalle e di “animali che le popolano e natura che le circonda”. Tanta tanta retorica, quindi, che a pensarci bene brucia terminologie che dovrebbero essere nell’uso comune di chi alleva in maniera estensiva, di chi ha abbandonato i mangimi e davvero alimenta naturalmente (con erba) animali che erbivori sono. Ma che in queste aziende vengono forzatamente nutriti con mangimi insilati e unifeed, per produrre di più.
Da una vacca alimentata davvero in maniera naturale vengono munti dai 12 ai 18 litri di latte al giorno, non 30 o 40, e chi vuole fare quantità come il maggior numero delle stalle in questione dovrebbe essere così onesto da raccontare che se la quantità sale, irrimediabilmente la qualità scende.
Ai nostri lettori abituali non dobbiamo aggiungere altro. A chi fosse capitato qui per caso o fosse non del tutto cosciente delle grandi diversità esistenti tra il modello “dell’erba e del fieno” e quello “dei mangimi” proponiamo qui la lettura di un nostro articolo di circa un anno fa (“Il buon latte esiste e fa bene. 2a parte: le analisi di laboratorio”), grazie al quale abbiamo messo a confronto analiticamente le due tipologie produttive. Abissali le differenze. Chi tiene alla propria salute si informi e orienti le proprie scelte alimentari di conseguenza.
27 novembre 2017