Ogni anno, per Pasqua e Natale, lo stupidario animalista si mette in mostra con la periodica litania sugli animali uccisi senza pietà per conto del cosiddetto “specismo onnivoro”. Ogni anno – e dall’era dei social network in maniera sempre più forte – amici degli animali d’ogni genere fanno a gara per “salvare” qualche “agnellino”, acquistandone a centinaia e condannandoli a qualche destino assai poco felice e naturale, se non più tribolato (qualcuno ha poi visto arieti o agnelloni nei giardini di questi personaggi? e allora, che fine hanno fatto?) di quel che il mondo rurale avrebbe loro riservato.
Quest’anno però è un anno speciale, per noi onnivori, per gli amici pastori e soprattutto per gli animalisti più integralisti – o animalari che dir si voglia – visto che l’ultima eclatante azione mediatica registrata sul piano nazionale, ordita da quelli di Animal Equality, è stata presto smentita per quello che è: una fake news. Una bufala.
Martedì scorso, come alcuni di voi avranno letto, molti giornali (Corriere della Sera, La Stampa, Huffington Post, Fanpage e altri), nella loro edizione online, avevano dato spazio ad articoli lividi di riprovazione, raccontando di “agnelli presi a calci in un mattatoio”, “trascinati per la coda” e “sgozzati senza lo stordimento preventivo”, e a volte persino “gonfiati da vivi con il compressore per essere più facilmente spellati”.
“Le immagini”, spiegava sei giorni fa Huffington Post, “riprese da telecamere nascoste in un macello della provincia di Viterbo, mostrano” quelli che ai nostri occhi appaiono come “maltrattamenti sugli animali” e che per lo più sono legati a rituali religiosi (halal e kosher, ndr) che escludono lo stordimento preventivo dell’animale.
“Nel video”, si legge sul quotidiano La Stampa di Torino (l’articolo è ospitato nella rubrica “La Zampa”, ndr), “si vedono operatori che sgozzano in modo sistematico animali coscienti; operatori che gonfiano con un compressore animali ancora vivi; animali lasciati ad agonizzare per minuti” e molto altro ancora, passando la notizia come veritiera. E attuale.
La divulgazione della bufala era evitabile
La notizia, fasulla, in quanto riferita ad un video del 2015 – lo raccontano Il Messaggero, New Tuscia e altre testate locali e nazionali che hanno operato correttamente – si riferisce ad un macello già chiuso dalla Asl di Viterbo. Una fake-news, quindi, smentita non più tardi di 24 ore dopo, da organi di informazione che onestamente hanno preferito verificare la notizia per poi smentirla, distinguendosi da chi invece si era buttato su di essa come un rapace sulla preda, a caccia di click facili.
L’associazione che costruisce denunce sul falso
Se ancora una volta i media si sono divisi su due fronti contrapposti, stimabile l’uno, opinabile l’altro, a fare la figura peggiore sono stati proprio i responsabili di Animal Equality, colpevoli di aver costruito una denuncia sul falso, e sulla base di essa di aver avanzato al Parlamento italiano la richiesta di una petizione affinché siano introdotte pene per il maltrattamento degli animali durante le fasi di stordimento e abbattimento, e affinché il sistema di controlli nei mattatoi venga rafforzato, anche con l’introduzione di telecamere di sorveglianza.
Al di là della richiesta in sé stessa, ampiamente condivisibile nei suoi fini, ciò che sconcerta sono i metodi adottati per garantire visibilità alle proprie istanze. C’era davvero bisogno di operare nel falso per far sì di essere ascoltati? E poi, una domanda per voi lettori: aderireste mai ad una petizione lanciata da chi è avvezzo a mentire?
11 dicembre 2017