Pastorizia: la pressione si fa insostenibile

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17 aprile 2008 – Anche se ignorata da molti, nel Nord Italia non solo esiste ancora la transumanza, ma anche il pascolo vagante, cioè la pratica della pastorizia nomade in tutta la stagione autunnale, invernale e primaverile. Una buona percentuale della carne ovina che arriva sulle nostre tavole viene allevata così, in maniera completamente naturale, anche se attualmente non è valorizzata.

Oltre ai problemi di movimentazione degli animali (qualora questi si trovino ad intersecare o percorrere la viabilità ordinaria) ed alla burocrazia che complica un mondo già difficile per i suoi propri ritmi ed esigenze, si sta facendo pressante la risoluzione di un problema fondamentale, cioè il rapporto con i Parchi Fluviali di pianura. Da sempre, le greggi nomadi trascorrono la primavera lungo i corsi dei grandi fiumi (Po, Ticino…), non avendo altri luoghi dove andare quando nei campi crescono i raccolti e nei prati si avvicina l’ora della fienagione.

Bisogna assolutamente prevedere una pianificazione che comprenda anche la pastorizia nel territorio di tali aree protette. Il gregge è un fondamentale mezzo di gestione e manutenzione dell’ambiente, in montagna come nei fondovalle, sulle colline ed in pianura (prevenzione dagli incendi, pulizia di aree abbandonate e sponde fluviali, ecc.), il “prezzo” da pagare potrebbe essere la distruzione di qualche nido quando gli animali scendono al fiume per l’abbeverata. Sicuramente, sul successo riproduttivo dell’avifauna, l’inquinamento ha effetti maggiori. La vegetazione invece viene semplicemente brucata, un’alluvione causa all’ambiente danni ben più gravi.

La pressione sui pastori si sta facendo insostenibile, se non si semplifica la legislazione e se non viene maggiormente riconosciuta l’importanza di quest’antichissima attività, il rischio è che gli ultimi esponenti di questo mondo scompaiano per sempre.