18 maggio 2009 – In un mercato che spesso non ci permette di sapere cosa mangiamo, fa piacere scoprire che qualcuno si preoccupi della buona alimentazione degli animali da latte. Il progetto Permed del Cnr, che ha recentemente avuto una delle sue tappe in quel di Osilo, in provincia di Sassari, vede impegnati sette Paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo (Algeria, Francia, Italia, Marocco, Portogallo, Spagna, Tunisia), per studiare l’ottimizzazione delle specie foraggiere native perenni, al fine di garantire ai sistemi agrari dell’area la piena sostenibilità economica, sociale e ambientale dei sistemi agro-pastorali.
Lo spunto che ha dato il “la” al progetto viene dai cambiamenti climatici, dalla sempre minore disponibilità idrica, dall’accrescimento demografico, da alcune criticità introdotte dall’industrializzazione agricola e da una situazione economica sempre più precaria per le realtà pastorali. La ricerca quindi è partita dallo studio delle problematiche e dall’individuazione delle soluzioni volte a migliorare la gestione aziendale, dal territorio alla gestione del gregge.
Tra le scelte operate negli ultimi cinquant’anni e ora messe all’indice dai ricercatori impegnati in questo progetto (scelte su cui urge un dietrofront), figurano il passaggio dai pascoli spontanei agli erbai annuali seminati, più esigenti dal punto di vista idrico, l’uso di erbicidi, la diffusione delle monocolture, l’aratura profonda che tanto dissesto ha portato ai suoli coltivati.
Di fronte a tanti e tali errori, e viste le problematiche ad essi connesse, il progetto si propone l’obiettivo di arginare il fenomeno di degrado generale della pastorizia attraverso una sorta di riconversione mirata. Una riconversione che permetta di ritornare al pascolo spontaneo, sì, ma che sia costituito dalle varietà (mazzolino – Dactylis glomerata, nella foto in alto – e festuca – Festuca arundinacea, nell’immagine qui a lato – in miscuglio con leguminose) più resistenti alla carenza idrica e ai periodi di siccità con cui ci ritroviamo ogni anno a fare i conti.
La reintroduzione per semina di tali erbe riguarderebbe il solo periodo iniziale della riconversione, per cui a partire dal secondo anno i pastori taglierebbero, oltre che i costi delle semine, anche quelli di concimazione. Un progetto in qualche modo “coraggioso” in quanto nei primi anni i pascoli spontanei non renderanno il potenziale a cui sono destinati e richiederanno attenzioni maggiori che nel medio-lungo termine. Con l’andare degli anni i vantaggi dovrebbero superare nettamente le criticità, facendo registrare un arricchimento spontaneo dei campi con trifoglio, in conseguenza all’introduzione di leguminose.
Per l’Italia il progetto vede coinvolto, l’Iscf (Istituto Sperimentale per le Colture Foraggere) di Lodi. Per saperne di più, è possibile consultare il sito del Cnr relativamente alla previsione delle attività e all’intero progetto e il sito dell’Inra (Institut National de la Recherche Agronomique) di Montpellier.