Caseificio mobile e Gps per i pastori del futuro

Un’immagine storica del pastoralismo sardo, divulgata dal Comune di Ollollai in occasione del conferimento del titolo di Patrimonio Intangibile dell’Umanità dell’Unesco

28 maggio 2009 – Tre anni di studio e oltre uno per l’elaborazione dei dati raccolti, e i responsabili della rete Pastomed (Pastoralismo Mediterraneo) hanno presentato alle autorità dell’Unione Europea un memorandum per il rilancio della pastorizia nei territori che si affacciano sul bacino del Mediterraneo. Un rilancio che per essere attuato ha bisogno di una vera e propria svolta nell’ambito delle politiche pubbliche riguardanti pastoralismo e pastorizia.

I risultati raggiunti dal gruppo di lavoro offrono tutte le indicazioni necessarie per mantenere in vita il ruolo dei pastori nei Paesi aderenti al progetto (Francia, Grecia, Italia, Portogallo, Spagna) e garantiscono i necessari spunti per adeguarlo alle società odierne senza comprometterne i valori né snaturarne le culture di appartenenza. Ma mirando piuttosto al conseguimento di stili di vita al passo coi tempi, che alcune delle moderne tecnologie di comunicazione (gps e formazione online), produzione (minicaseifici mobili) e gestione dell’azienda possono consentire.

Sin dall’inizio, il progetto, condotto dall’Ispaam (Istituto per il Sistema di Produzione Animale in Ambiente Mediterraneo) del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche), si è proposto di studiare e coordinare le forme di pastoralismo mediterraneo dei Paesi aderenti, con l’obiettivo di costituire una rete di partner formata da allevatori e studiosi, col fine di conoscere i contesti regionali e la natura delle attività pastorali, per analizzare le evoluzioni dei sistemi di allevamento in un contesto di multifunzionalità e sostenibiità ambientale.

Per raggiungere il suo scopo, Pastomed ha sviluppato la propria attività in tre direzioni: 1. verso una maggiore e reciproca conoscenza delle varie condizioni e caratteristiche degli allevamenti pastorali, 2. analizzando le politiche locali applicate alle diverse attività pastorali, 3. individuando e condividendo le azioni regionali più innovative per il pastoralismo.

L’obiettivo da raggiungere è di certo ambizioso e articolato, e va dalla necessità di garantire al pastore un reddito e condizioni di lavoro e di vita accettabili, alla costituzione di vere e proprie fiiere agroalimentari in grado di sapersi distinguere sul mercato dalle produzioni globalizzate e di saper valorizzare le loro peculiarità.

Per raggiungere i risultati  sarà necessario un duplice adattamento: quello del pastore nella società locale odierna, dal punto di vista sociale, culturale ed economico, e quello delle istituzioni, che si mettano in condizione di capire quanto non è stato compreso sinora, vale a dire che senza i pastori e il pastoralismo ovvero senza una opportuna tutela del loro ruolo molti territori, non sempre marginali, sarebbero destinati all’abbandono e al decadimento ambientale, idrogeologico e sociale.

Gli esempi delle disparità con cui lo stesso mestiere viene trattato in Francia e in Italia, tanto per fare un esempio, la dice lunga su quanto ci sia da fare per rilanciare un settore di vitale importanza: basti pensare che in Provenza o sulla Costa Azzurra i pastori ricevono incentivi per far far brucare i pascoli incolti alle loro pecore (e mantenere il territorio indenne da incendi e apprezzabile alla vista) mentre in Italia un gregge che attraversi un Parco o un comune senza autorizzazione ha la certezza di vedersi comminare una multa per uno dei mille cavilli che sembrano fatti apposta per complicare una vita che già abbastanza complessa di suo è per natura.