I pastori rumeni si sono mobilitati in 4-5mila, martedì scorso, 15 dicembre, giungendo sino a Bucarest per inscenare una manifestazione di protesta senza precedenti. Vestiti con i loro cappotti tradizionali, realizzati con il vello degli ovini, gli insoliti manifestanti hanno suonato i tipici corni di bue che la gran parte della gente in città non aveva mai visto né udito prima. E hanno gridato con tutto il fiato che avevano nei polmoni, protestando contro una nuova legge che limita il numero di cani per gregge: tre quando gli animali sono in montagna, uno solo quando il pascolo si svolge in pianura. Si badi bene: si parla di greggi di diverse migliaia di capi, e di una natura in cui i predatori sono ben presenti e giustamente temuti.
Giunti in prossimità del Parlamento, com'era lecito immaginare, alcune centinaia di manifestanti sono entrati in rotta di collisione con la polizia in tenuta antisommossa, che li ha allontanati dapprima con il lancio di lacrimogeni, poi con l'uso dei manganelli ("strumenti" che a loro volta i pastori non avevano ancora sentito in vita loro), per evitare che giungessero in prossimità della sede dell'assemblea governativa.
Ad ogni modo, pare che la manifestazione sia riuscita a sollecitare i governanti rumeni: secondo fonti ufficiali, infatti, il neo-premier Dacian Ciolos si sarebbe già messo al lavoro per individuare una soluzione in grado di soddisfare le richieste dei pastori, attraverso una modifica della legge. «Le rivendicazioni dei pastori sono sacrosante», ha dichiarato agli organi di stampa il ministro dell'agricoltura Achim Irimescu: «occorre immediatamente modificare la legge», e le prime voci che trapelano portano a credere che il nuovo e definitivo limite verrà portato ad un cane ogni cento animali. Anche se «per il pascolo in montagna», sottolinea Ionica Nechifor, segretario generale della Federazione degli allevatori rumeni, «serviranno non meno di cinque o sei cani ogni duecento pecore».
Le tensioni con i cacciatori
Ma, al di là di quanto appreso in questi giorni dai media, la vicenda sembrerebbe nascondere un lato oscuro, di cui nessuno in via ufficiale amerebbe parlare. Nessuno che non sia un pastore, toccato nel vivo dalla vicenda: ed è così che Dumitru Andreşoi, che di pecore ne possiede oltre mille nel distretto di Hunedoara, in Transilvania, vuota il sacco ai cronisti del quotidiano online Agrointel.ro: «In montagna i cani ci sono indispensabili, per tenere lontani gli orsi. Il loro numero? Va stabilito in base al gregge, ma anche in ragione di altri fattori: ne possono bastare cinque per mille pecore, o servirne anche 8 o 9». Ma il vero problema, quello che nessuno vuole dire, in questa vicenda di una legge così ingiusta, è che «siamo stati criticati perché i nostri animali danno fastidio a chi va a caccia. Una aberrazione peggiore non si era mai sentita prima, visto che sono nella mia terra e che nella mia terra posso mantenere molti animali».
In sostanza, e non è difficile verificarlo in rete (ad esempio in questo articolo, in lingua rumena), da diverso tempo e in varie località del Paese, sono scoppiati dissidi tra pastori e cacciatori: innescati da episodi più o meno fortuiti, che hanno portato spesso alcune teste calde (che si nascondono dietro la passione per la caccia) a risolvere i "problemi" uccidendo i cani dei pastori. Di voci che circolano ce ne sono tante: alcune raccontano di aggressioni dei cani ai cacciatori (e anche se fosse è questione di conoscere e rispettare chi già si trova in un territorio) o anche no: a volte, e secondo i pastori quasi sempre, si tratterebbe di cacciatori che vedono nei cani da guardiania degli antagonisti, e che – non guardando troppo per il sottile – decidono di eliminarli, sentendosi "forti" delle proprie armi e vedendo nel mondo dei pastori degli interlocutori temibili. Vero, forse, sinché qualcuno non deciderà di smentire certe stupide credenze.
21 dicembre 2015