La petizione non va: senza la tua firma la pastorizia muore

foto Mariagrazia Arrighini©Da alcuni giorni circola sul web un appello sacrosanto. Un appello che chiede di poter vivere di pastorizia, com’è stato per 7mila anni e come rischia di non essere più possibile, oramai. A lanciare l’iniziativa sono state un gruppo di pastore italiane che reclamano una minore pressione burocratica per non soccombere. E ricordano a chi se lo fosse dimenticato quanto pastore e pastori abbiano sinora fatto, facciano e faranno (se gli si consentirà di vivere di pastorizia) per l’ambiente, per la biodiversità e per la società tutta.

Serve una tua mano, adesso
Purtroppo l’iniziativa, rilanciata dal professor Michele Corti dell’Università di Milano è approdata su una piattaforma per la raccolta di firme che in cinque giorni ha portato ad appena 13 adesioni (18 mentre stiamo pubblicando; che si aggiungono ad altre centotre raccolte in precedenza). Una nullità, ahinoi.

Non tutto sul web funziona sempre e comunque. L’invito che facciamo a ciascuno di voi è quindi quello di innescare un’adeguata azione divulgativa, non appena sottoscritta la petizione. È questione di un attimo: basta inserire qui nome e cognome (unici dati che verranno pubblicati); e-mail e Cap (cerchiati nella foto qui sotto: non verranno pubblicati).

È semplice non farsi depredare dei propri dati personali dalle piattaforme dedicate alle petizioni: prima di aderire è sufficiente impostare le opzioni riguardanti la privacy come qui indicato dalle frecce. Negli ovali: i vostri dati non verranno né ceduti né visualizzatiUna firma – dicevamo – senza però fermarsi a questo: a ciascuno di voi lettori va l’invito a divulgare con ogni mezzo possibile: e-mail ad amici e condivisioni sui social network, e inserimento di un banner (scaricabile da qui) sui siti web e sui blog personali. Saranno la cassa di risonanza necessaria per far decollare questa iniziativa. Contiamo su ciascuno di voi. Ribelliamoci all’indifferenza, perché l’indifferenza uccide.

Una precisazione per chi sosterrà questa campagna: è semplice evitare che i vostri dati inseriti vengano ceduti da “Firmiamo.it” a terzi: basterà impostare le opzioni della privacy come illustrato nella foto qui sopra prima di procedere con l’invio.

Un grazie anticipato a ciascuno di voi.

Stefano Mariotti
direttore responsabile
Qualeformaggio


La pastorizia al femminile in un'immagine degli anni '30

Appello delle pastore

Siamo donne, siamo pastore, contadine, montanare
Siamo portatrici di una cultura e di una civiltà che lungo i millenni hanno fatto del mondo la terra dell’uomo.

Eravamo gente libera
Eravamo gente libera. Una libertà che si pagava con i sacrifici di ogni giorno: il freddo, la pioggia, la neve e il gelo, la fatica senza orari, né Pasqua né Natale… Ma poi c’era il sole, il vento sulla pelle, i belati degli agnelli, la primavera che fa crescere la vita nuova.

Ora però questa civiltà globalizzata ci toglie la libertà e ci fa morire. Da quando ogni pecora ha un marchio auricolare con un numero, siamo tutti imprigionati in un castello burocratico che ci soffoca: numero di stalla, partita IVA, codice fiscale, numero REA, codice ATECO, OTE, CAA, ARAP, ARPEA, AGEA, Refresh, PEC, modello 4, modello 7…

Sedute all’ombra di un faggio al pascolo non possiamo stare dietro a tutta questa burocrazia e dobbiamo correre continuamente negli uffici delle associazioni di categoria… Intanto a chi le lasciamo le bestie?

La pastorizia al femminile in un'immagine degli anni '50

Firmi domande che non capisci, e paghi, paghi, paghi … Sempre con la paura di sbagliare o di dimenticare una carta, perché è più grave sbagliare un pezzo di carta che trascurare i figli e i capretti o  gli agnelli….

Curi la famiglia, la casa, il gregge, cresci capretti e agnelli, trascuri te stessa per loro e poi? Le annate che gli agnelli non si vendono facilmente devi chiedere a un commerciante la carità di prenderteli, ed è umiliante…

Una pecora a fine carriera vale 20 €. A contare le ore di lavoro, in certe stagioni non guadagniamo 50 centesimi all’ora; e non ci sono per noi né cassa integrazione, né disoccupazione né reddito di cittadinanza.

L’agonia delle piccole aziende
Un mestiere da poveri che deve sottostare ad una burocrazia da ricchi. Anche per le nostre associazioni di categoria noi contiamo niente e così le nostre piccole aziende non ce la fanno più ad andare avanti.

Sulla carta, però, siamo uguali! Uguali alle grosse aziende di pianura, che salgono in alpeggio con migliaia di capi ma lo fanno  solo sulla carta, con tutti i documenti burocratici in regola in modo da assicurarsi i contributi che invece sarebbero destinati alla montagna e a chi ci vive e ci lavora!

E ultimamente anche il lupo: bandiera “ecologista” di una società in decadenza, minaccia che ha trasformato la nostra vita di ogni giorno in una continua guerra di trincea: devi essere sempre di guardia, non sai mai quando arriverà e quanti animali ti ucciderà nonostante i sistemi di difesa messi in atto (cani, reti, dissuasori …).. Per poi magari sentirci dire “Ma tanto le bestie morte ve le pagano!”

Ma siamo noi, piccoli pastori e contadini che teniamo vivo un paese, una valle, un pezzo di montagna o di collina, siamo noi che facciamo fronte all’abbandono e all’inselvatichimento, noi che curiamo la biodiversità: dove mangiano le pecore si mantiene la cotica erbosa, crescono mille erbe diverse che i rovi e le cattive erbe dell’abbandono soffocherebbero, si evitano i disastri di frane e alluvioni che poi pesano anche sull’economia della pianura e della città. Siamo noi i veri operatori ecologici della società. A costo zero, anzi paghiamo per esserlo. Ma con questo sistema non possiamo continuare. É tutta una civiltà che muore assieme alle pastore e ai pastori, ai contadini, ai montanari.

E allora chiediamo

a tutti i rappresentanti politici (che volenti o no rappresentano anche noi pastori, contadini e montanari), agli amministratori, a tutti coloro che amano la montagna di darsi da fare, intervenire, provvedere in tempi brevi, perché di politica e di burocrazia la montagna e la sua gente stanno morendo.

Nelle due foto qui sopra:
La pastorizia al femminile negli Anni ’50 del secolo scorso

24 aprile 2017