Marsica: solo la pastorizia può salvare il raro astragalo nano

L'astragalus exscapus o astragalo nano - foto di Stefan.lefnaer - Creative Commons License®Si fa un gran parlare di biodiversità, animale e vegetale, da qualche anno a questa parte, tanto che un argomento in passato destinato a pochi è oramai sulle bocche di molti. Purtroppo però non esiste ancora una coscienza diffusa su quanto la zootecnia e l'agricoltura intensive, assieme alle politiche di gestione agro-silvo-pastorali abbiano nociuto ad essa.

A riportare alla ribalta la biodiversità vegetale, una volta tanto, è stata una scoperta dei botanici del Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Università della Tuscia, che da tempo studiano le caratteristiche ecologiche dei pascoli del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise.

Il gruppo di ricerca condotto dal professor Goffredo Filibeck, impegnato nel comune di Ortona dei Marsi, presso il Monte Tricella (un chilometro fuori dal Parco), ha rivelato all'inizio della scorsa settimana di aver scoperto alcune piante di Astragalus exscapus, una leguminosa propria della steppa dell’Europa Orientale, mai censita in zona appenninica, e presente ma rarissima sull'arco alpino (in Valle d'Aosta, ad esempio) e sui Balcani.

L'astragalo nano, questo il suo nome comune, è una grossa erba perenne, della famiglia delle leguminose, con robuste radici legnose e grandi fiori gialli, ed è stata scoperta dai ricercatori dell'ateneo viterbese in poche centinaia di esemplari, purtroppo, ubicati in una ristretta area montana.

«L’astragalo nano», ha sottolineato il professor Filibeck, «si aggiunge ad altre specie, tipiche delle steppe asiatiche, che crescono con popolazioni isolate sui rilievi circostanti la conca del Fucino. Diciottomila anni fa, al culmine dell’ultima glaciazione, la vegetazione della penisola italiana era dominata da una steppa come quella che oggi vediamo in Asia centrale».

Sulle condizioni che hanno permesso la sua conservazione, il botanico dell'Università della Tuscia fa delle ipotesi: «Forse il clima continentale del Fucino, unitamente alla pastorizia praticata fin da epoca preistorica, ha mantenuto fino ai nostri giorni una piccola "isola" di flora della steppa: una macchina del tempo che ci rimanda a quando qui c’erano i mammut».

La preoccupazione dei ricercatori – Nonostante la buona notizia, i ricercatori hanno manifestato una certa preoccupazione a causa della scarsa importanza che le politiche ambientali attribuiscono a prati e pascoli: «Le leggi italiane», ha sottolineato Filibeck, «tutelano rigorosamente qualunque tipo di bosco, anche quando ha scarso valore ecologico, con vincoli come l’inedificabilità assoluta: invece, per le praterie spontanee, che sono un enorme scrigno di biodiversità, non esiste quasi nessuna tutela urbanistica e vengono anzi considerate "terre marginali" da riconvertire».

Nell’area in cui è stata scoperta la pianta, nei pressi di Ortona dei Marsi, purtroppo negli anni passati grandi superfici di pascoli naturali sono state infatti devastate da azioni di rimboschimento che hanno danneggiato il suolo. In particolare, tra il 1980 ed il 1990, la sciagurata messa a dimora di conifere esotiche in quell'area ha creato quello che i botanici definiscono "deserto verde", un sottobosco in cui non cresce più nulla, riducendo verosimilmente la presenza di questa ed altre specie vegetali presenti da millenni.

Il futuro dell'astragalo è affidato al pascolamento – Solo un'accurata opera di pascolamento potrà dare in futuro all'astragalo nano la prospettiva di diffondersi ulteriormente nell'area, attraverso la dispersione dei semi operata con la defecazione dai piccoli ruminanti. Questo aspetto della questione fa pensare all'importanza che la pastorizia potrebbe avere ancora oggi come in passato, e a quanto essa andrebbe agevolata anziché ostacolata da mille cavilli burocratici e dalle campagne mediatiche di un'animalismo mai sufficientemente equilibrato.

22 maggio 2017

Per informazionei: Prof. Goffredo Filibeck – Università della Tuscia – e-mail: filibeck@unitus.it