In Toscana le cooperative ora nascono… dall’alto!

“Filiera del latte gestita dai pastori. Basta speculazioni”: titolavano così, alcuni dei principali quotidiani toscani, giorni fa, dando fiato ancora una volta alle trombe della Coldiretti che dal proprio sito internet provinciale, rilanciava con toni trionfalistici. L’idea, a quanto pare, sarebbe quella di creare una cooperativa che governi autonomamente l’intero ciclo di produzione, almeno a sentir loro : “una filiera del latte”, racconta il sito, “integralmente gestita dai pastori, in grado di seguire i processi di produzione dalla mungitura alla realizzazione del prodotto trasformato”. E questo «per porre fine a speculazioni» che, a detta del presidente grossetano dell’associazione Francesco Viaggi, sono dovute «a speculazioni non giustificate da reali condizioni di mercato, e che gravano esclusivamente su produttori e consumatori».

L’uovo di Colombo, quindi? A dire il vero forse forse più la scoperta dell’acqua calda, vista l’evidenza del contendere. Tutti sappiamo che la cosa migliore per ciascun produttore “primario” è la gestione diretta della filiera, certo, ma affinché questa abbia un senso, a nostro avviso, bisognerebbe che le OP operassero direttamente verso il libero mercato, attraverso una concreta protezione dei soci e del settore specifico in cui operano. E ancor meglio senza mediazioni e ingerenze della politica o delle rappresentanze che sempre più sembra rappresentino quasi solo sé stesse.

Questo lo si vede un po’ meno, certo, ma se ci si degna di parlare appena qualche volta con chi si è lasciato invischiare nei meccanismi pseudogarantisti delle associazioni di categoria, il quadretto appare assai più chiaro e meno edificante. L’associazionismo di domani nel comparto, se si vuole che funzioni, deve svincolarsi dai giochi che governano il sistema: tante parole e proclami, tv e giornali servitor cortesi, e agricoltura e zootecnia sempre più in ginocchio. L’associazionismo di domani, a nostro avviso, per poter rilanciare il comparto, deve partire dalla base. E solo la base poi potrà fare le proprie scelte anche sul fronte della rappresentatività, delle rivendicazioni, delle relazioni politiche e sindacali.

A quanto pare, già da qualche anno, la strategia di Coldiretti prevederebbe proprio un’ingerenza nel mondo delle cooperative, tentata sinora invano attraverso vari arrembaggi adoperati a Fedagri (la parte agricola di Confcooperative, ndr) e, se due più due fa ancora quattro, tutto ciò avrebbe forse più un mero fine utilitaristico che non di tutela del comparto. E non sarà poi un caso se il documento divulgato nell’agosto scorso dall’organizzazione, all’indomani delle prime proteste del Movimento Pastori Sardi, presentava un progetto di piattaforma del settore ovicaprino (denominata “Una filiera ovi-caprina tutta agricola e tutta italiana”) che richiedeva, tra gli interventi congiunturali, l’“istituzione di un tavolo con le Regioni interessate e il Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali per la verifica e il controllo costante sul corretto funzionamento delle Organizzazioni di produttori e delle Organizzazioni Comuni riconosciute”.

Davanti a queste evidenze, il dubbio diventa lecito: come fa un’associazione di categoria agricola, che a rigor di logica dovrebbe essere una sorta di agenzia di servizi e consulenze, a interporsi tra i contadini e la pubblica amministrazione senza influenzare le scelte aziendali, agronomiche e di allevamento? Se poi si aggiungono le non marginali influenze operate da Coldiretti sui consorzi agrari, come si fa a non domandarsi cosa accadrebbe se le nuove cooperative dei pastori venissero davvero create dall’alto? Quale libertà di operare sul mercato avrebbero i produttori di latte ovino?

In ultimo, la questione del prezzo del latte: dov’erano i sindacati agricoli tutti, quando il prezzo alla stalla, già dalla fine degli anni ’90 iniziava a calare? E dove, agli ultimi e ingiustificati sobbalzi dei costi delle materie prime? Come aprire ancora bocca, allora, per rivendicare il diritto di difendere chi non si è stati in grado di difendere per decenni se non con proclami e parole?

21 gennaio 2011