La Coldiretti e il fantastico mondo dei tremila nuovi pastori

Una foto-simbolo sul fenomeno dei giovani pastori del nostro tempo: Andrea Maffeo ritratto col suo gregge da Andrea Taglier per le foto di scena del film "Sentire l'aria" di Manuele CecconelloA conoscere pastori a centinaia, a frequentarli nel vita reale e sul web (ve n’è una vera e propria comunità su facebook), a raccoglierne le testimonianze di difficoltà, soprusi e vessazioni che ogni giorno e in ogni piccola e grande cosa si trovano a subire, c’è da rimanere di stucco – per non dire di peggio – nel leggere dell’ennesimo lancio stampa fatto mercoledì scorso da Coldiretti. Tanto per far parlare di sé.

Loro, che il mondo dei pastori neanche sanno come sia fatto, e che gli allevatori li hanno abbandonati al proprio destino (basti pensare a chi faccia il prezzo del latte oggi in Italia e ai “grandi risultati” ottenuti dalle associazioni di categoria, tanto vicine alla politica ma mai in grado di ottenere nulla che intacchi gli interessi industriali) da anni, proprio loro ci vengono a raccontare che in Italia ci sarebbero tremila giovani che hanno di recente scelto la pastorizia pur di non arrendersi alla crisi economica che il Paese attraversa. Commovente.

Ancora una volta è oscuro il metodo che ha condotto l’associazione agricola a questa stima così tonda, ma si può ben capire a quali fenomeni reali l’operazione mediatica attinga: dal film “Sentire l’aria” di Manuele Cecconello, al blog della pastora-scrittrice Marzia Verona, alle tante voci che proprio in rete si raccolgono attorno ai temi della pastorizia, alla passioni per una vita naturale mai tanto dura come oggi, costellata di non poche difficoltà nel quotidiano: dal sindaco che vieta il passaggio in paese e multa, all’ente parco che tratta le greggi come un problema sociale e multa, ai danni subiti per l’imperversare di lupi (più spesso di cani inselvatichiti, ndr), mai risarciti a dovere, ad una società malata che vede la ruralità come arretratezza, spesso legandone l’idea al ricordo delle difficoltà di un passato non tanto remoto e con cui è ancora difficile prendere le misure e fare i conti, senza mai riconoscere ad esso i veri valori che in esso resistono immutati.

E così lor signori di Coldiretti ci informano del “nuovo fenomeno”, esploso anche per via di questa crisi (viva la crisi!), spiegandoci che si tratta per lo più di giovani che proseguono l’attività dei genitori ma anche di persone che hanno compiuto la “scelta di vita alternativa” (famolo strano!), a contatto con gli animali e la natura. Fantastico.

E allora via a sparare cifre: perché di quei tremila “il 78% (Coldiretti lo sa: li ha contati!) investe sul miglioramento dei prodotti aziendali, sulla qualità e sulla sicurezza del prodotto, ma anche nelle nuove sfide commerciali della vendita diretta”, magari sul web. Roba da fantascienza.

E così si scopre, grazie al più grande sindacato agricolo italiano, che “non mancano quanti rivolgono la loro attenzione ai consumatori emergenti come gli immigrati musulmani che per motivi religiosi apprezzano particolarmente la carne di pecora e chi riesce a valorizzare la lana italiana considerata spesso un sottoprodotto con costi aggiuntivi per lo smaltimento”.

Ma il cortocircuito tra Italia reale e Italia immaginaria arriva quando si parla di “prodotti Dop”. Perché sono 60 i milioni di chili di formaggio pecorino, la metà dei quali ha il famoso marchio di protezione, a cui amministratori, politici e industria sono tanto tanto legati per la valorizzazione del prodotto di qualità. E per fare i quali il prezzo corrisposto ai pastori è sempre sotto il limite delle sopravvivenza. Meraviglia.

Fermiamoci qui, perché il resto lo raccontano i soliti giornali, tv e agenzie stampa sempre pronti a passare per buoni i comunicati diffusi dalla storica sede di Palazzo Rospigliosi, a Roma. Anche quando, parlando di pastori arrivano a citare il prodotto che senza dubbio ha più piegato proprio i pastori allo strapotere dell’industria: quel Pecorino Romano che già nel 2002 il Nomisma non aveva stentato a definire come una realtà alla deriva.

5 maggio 2012