Razze a rischio di estinzione: una predica dal pulpito sbagliato

Il mondo è pieno di paradossi d'ogni genere, si sa, ma quelli che ci propone il settore zootecnico intensivo a volte hanno la straordinaria dote di sapersi lanciare oltre i confini dell'inverosimile. Ultimo in termini di tempo – ma tra i più clamorosi degli ultimi anni – è quello che ha visto protagonista nei giorni scorsi l'Arav (Associazione Regionale Allevatori del Veneto).

 

In occasione della manifestazione Vicenzagri 2014 (1 e 2 marzo scorsi), l'associazione ha comunicato alla stampa i dati sulla drastica riduzione dei capi da latte allevati in regione (-17%) affermando poi la necessità di "recuperare, difendendole, molte razze in via di estinzione". Le principali agenzie stampa nazionali hanno rilanciato la notizia, aggiungendo che in occasione della fiera vicentina sono stati esposti diversi capi di razze locali "oggi rare, come la Pecora di Foza, ridotta a sessantadue capi".

 

Ma da che pulpito viene la predica – ci domandiamo noi – se per decenni sono stati questi stessi signori a causare l'erosione genetica delle specie locali (la scomparsa di alcune razze; il rischio di scomparsa di altre), attraverso l'introduzione di razze iperproduttive? Come possono avere oggi una pur minima credibilità, se sinora hanno organizzato (e organizzano) le manifestazioni di razze non locali (Frisona italiana, Bruna Italiana, Pezzata rossa), la loro vendita, i concorsi delle vacche più produttive, il famigerato "miglioramento" di razza che ha abbagliato tanti, tantissimi allevatori, attraverso le profferte del mendace proclama "produrre di più per guadagnare di più"?

 

Cosa succede ora, i fautori delle produzioni di quantità senza "se" e senza "ma" sono stati rapiti da qualche improbabile ripensamento? O forse accade che, davanti al palese fallimento del loro agire, cercano via d'uscita proprio in quel mondo che hanno invaso, danneggiato e oltraggiato senza scrupoli per oltre quarant'anni? 

 

10 marzo 2014