Capra napoletana: prospettive rosee grazie allo zoo

Capre di razza Napoletana - foto Nando CirellaIl 2010 – come i nostri lettori abituali sanno – è stato l’anno della biodiversità, e tante iniziative sono state condotte nel corso degli ultimi dodici mesi per la sensibilizzazione del pubblico verso questo tema, sconosciuto ai più. Un anno che a Napoli si è chiuso in bellezza, dato che il 27 dicembre lo Zoo di Napoli ha fatto suo l’obiettivo della salvaguardia della capra di razza Napoletana, decidendo di ospitare i capi rimasti senza una “casa”e di cui Qualeformaggio aveva dato notizia all’inizio di novembre.

Decine sono state le adesioni all’appello, che fu lanciato da Nando Cirella, direttore della rivista Agricultura e Innovazione, proprietaria di un piccolo gregge di capre Napoletane sfrattate, e in cerca di un’alternativa all’ipotesi del macello. A rispondere all’appello mediatico fatto dal giornalista, assieme a Vincenzo Peretti, docente di genetica veterinaria, e a Francesco Borrelli, commissario regionale dei Verdi, è stato Cesare Falchero patron dello Zoo di Napoli.

Da subito tra le parti è nata l’intesa che ha condotto al bel progetto che vede ora le capre salve allo zoo, un percorso didattico per i visitatori che mostrerà la mungitura degli animali e la successiva caseificazione del latte. In futuro, i capretti nati allo zoo verranno affidati ad aziende zootecniche esterne che contribuiranno alla salvaguardia della razza e alla creazione di un formaggio tipico che dovrà dare un senso economico alle aziende e al progetto stesso.

Oltre a questo, l’operazione prevede anche il monitoraggio dell’ambiente in cui la capra si trova a vivere, con l’animale che diventa una vera e propria sentinella ambientale, attraverso i semplici test “Sce” (Sister Chromatid Exchange) sui cromosomi, con cui il Laboratorio di Genetica della Facoltà di Medicina Veterinaria di Napoli valuterà la salute dell’animale e dell’ambiente circostante.

Per sensibilizzare anche i bambini è stata messa in cantiere la possibilità di adottare una capra che, pur rimanendo presso lo zoo, potrà essere seguita settimanalmente dall’adottante. Chiudere l’anno della biodiversità con poche chiacchiere ma con fatti concreti, è motivo di orgoglio per i ricercatori e i collaboratori di questo progetto scientifico e sociale. L’obiettivo minimo di salvare dal macello gli animali ed è stato raggiunto e superato, dando un futuro zootecnico a questa razza ormai ridotta a poco più di centocinquanta capi, quindi ad imminente rischio di estinzione.

A cCapre di razza Napoletana - foto Antonio Calamohi storca il naso di fronte all’intervento di uno zoo per salvare una razza produttiva va un segnale importante, che è quello di rivedere la funzione originaria dello zoo: non più mera struttura di reclusione di animali ma piuttosto luogo di conservazione della biodiversità, attraverso l’adozione di progetti rigorosi e innovativi. Lo zoo partenopeo, attento a non farsi distrarre da facili slogan, concretizza al meglio un’azione che controverte il rischio d’estinzione (non solo di orsi, foche o tigri, animali da salvaguardare ma a noi molto lontani) ma più “semplicemente quello di decine di razze italiane ridotte a pochissimi esemplari. Ed allora che cosa è giusto fare, farle estinguere o cercare di ridare loro un futuro?

Un esempio, quello dello Zoo di Napoli, che tutte le regioni italiane dovrebbero fare loro per salvaguardare i tipi genetici autoctoni di animali a rischio di estinzione; per tutelare la storia della loro zootecnia ed il futuro della biodiversità. E quindi complimenti alla lungimiranza dello zoo partenopeo, nella speranza che la capra Napoletana sia solo la prima di una serie di razze locali a rischio d’estinzione ad entrare allo zoo per essere salvata.



Scheda
La capra di razza Napoletana



Allevata principalmente in provincia di Napoli ed esattamente alle pendici del Vesuvio e sui Monti Lattari, questa capra oggi un appuntamento per oggi è seriamente compromessa e il rischio di estinzione incombe ogni giorno sempre più seriamente. La razza era allevata tradizionalmente per il latte fresco da pronto consumo, infatti piccoli greggi di capre in lattazione, venivano portate in città, dove il latte veniva venduto al bicchiere e talvolta la capra veniva fatta salire sul pianerottolo di casa degli antichi palazzi partenopei, per essere munta davanti al cliente.

Le produzioni per le primipare (primo parto) sono di 350 litri in 165 giorni e per le pluripare di 450 litri in 165 giorni. Inoltre si producevano prodotti caseari casalinghi quali caciotte fresche e stagionate. La produzione principale di carne è data dal capretto che viene macellato a circa 9-12 kg, peso raggiunto in circa due mesi, dovuto al ricco latte prodotto dalle capre.

La razza è molto rustica, si ammala difficilmente e non ha problemi di parto; la percentuale di gemellarità è bassa, ma anche con i gemelli la napoletana riesce a portarli avanti tutti e due senza difficoltà. Le caratteristiche morfologiche che contraddistinguono questa razza a primo impatto sicuramente sono il colore del pelo che è raso nero con riflessi rossi,oppure totalmente rosso, orecchie lunghe e pendule, con una differenza tra il tipo “Monti Lattari” con orecchie leggermente più piccole e quello “vesuviano”, che sono più lunghe, la terza caratteristica, i bargigli o – come sono detti in Campania – le “sciuccaglie”.

13 gennaio 2011